Non solo soldi ma anche case in cambio di favori dalla politica. Per oliare la macchina amministrativa Luca Parnasi, l’imprenditore accusato di aver messo in piedi un vasto sistema corruttivo, non badava a spese. Lo ha ribadito lo stesso costruttore romano ai magistrati che, ieri, lo hanno sentito in merito ad alcuni appartamenti finiti nella disponibilità di diversi esponenti dei partiti politici. E ieri, proprio come successo una decina di giorni fa, l’imprenditore è salito al quarto piano della Procura di Roma per raggiungere gli uffici del pubblico ministero Barbara Zuin, accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Giorgio Tamburrini ed Emlio Ricci. Un faccia a faccia, iniziato alle 16 e durato oltre quattro ore, in cui sono state affrontate numerose questioni. Non quella relativa ai 400 mila euro, di cui 150 mila pagati dal costruttore alla fondazione Eyu del Pd e 250 mila alla onlus Più Voci vicina alla Lega, che hanno inguaiato il tesoriere Dem Francesco Bonifazi e l’omologo della Lega Giulio Centemero. Stavolta i nomi tirati in ballo dal costruttore, su input della Procura, sono altri. Uno di questi sarebbe quello di Dario Rossin, oggi appartenente a Forza Italia, a cui Parnasi avrebbe fornito un’abitazione in comodato d’uso. Immobile che successivamente lo stesso politico ha restituito. Gli ulteriori episodi sarebbero lontani nel tempo e per lo più riferibili ad ex protagonisti della politica della città eterna sui cui nomi le bocche sono cucite. Ma Parnasi non si sarebbe limitato a queste ammissioni. Al pubblico ministero avrebbe raccontato anche delle continue pressioni subite da una funzionaria della soprintendenza al fine di far assumere parenti e amici. Un episodio, questo, affrontato in modo marginale e che, forse già tra qualche giorno, potrebbe rendere necessario un ulteriore interrogatorio del costruttore romano.
Il sistema– Quanto emerge con sempre maggior convinzione dall’inchiesta, la cui chiusura dovrebbe avvenire durante questo autunno, è che il 42enne costruttore intendeva utilizzare ogni risorsa a sua disposizione per aggirare qualsiasi impedimento burocratico e politico potesse frenarne ambizioni e progetti. Così chiunque potesse tornargli utile, veniva foraggiato per poi finire negli ingranaggi di quello che oggi prende il nome di sistema Parnasi. Tanto a destra quanto a sinistra, come raccontato ai pm, l’imprenditore, si sentiva costretto a pagare perché: “sono i politici a cercarti per essere finanziati, se non lo fai sei fuori dai giri che contano”. Questo sostanzialmente il suo pensiero che non sembra affatto campato in aria. Nel fascicolo, infatti, sono oltre 25 gli indagati, tra cui molti politici, a cui, a seconda dei casi, i magistrati di piazzale Clodio contestano reati che vanno dalla corruzione al finanziamento illecito ai partiti. Una lunga lista di nominativi in cui è presente anche quello dell’ex presidente di Acea, Luca Alfredo Lanzalone, ritenuto vicino al Movimento 5 Stelle.