di Stefano Sansonetti
Ignazio Visco chiama New York e Boston per la gestione di una parte delle risorse finanziarie della Banca d’Italia. In ballo c’è una fetta dei 27 miliardi di euro di valuta estera custoditi da palazzo Koch. Nei giorni scorsi via Nazionale ha firmato due contratti ad hoc. Il primo è stato stipulato con il gestore AllianceBernstein, basato a New York ma in realtà controllato dal colosso assicurativo francese Axa. La società riceverà un compenso di 150 mila dollari. Il secondo, del valore di 175 mila dollari, è stato invece siglato con State Street Bank and Trust Company, il cui quartier generale è situato a Boston. I due gestori americani hanno prevalso sulla concorrenza di altri sei aspiranti gruppi, ma non sono risultati vincitori a seguito di una gara. Dai documenti pubblicati dalla Banca d’Italia viene fuori che “i contratti hanno a oggetto la gestione di una limitata porzione dei portafogli di riserva della banca centrale”. I potenziali gestori hanno partecipato a una procedura negoziata, spiega ancora la banca di via Nazionale, e “sono stati individuati a seguito di un accurato vaglio preliminare che ha coinvolto i maggiori operatori presenti sul mercato”. Sta di fatto che da adesso la gestione di parte delle riserve in valuta estera detenute da Bankitalia passerà attraverso le loro mani. In base agli ultimi aggiornamenti disponibili sul sito di palazzo Koch si tratta di un volume complessivo di ben 27 miliardi di euro.
Accanti ad essi, come ha già raccontato La Notizia (vedi il numero del 1° giugno), nei forzieri della banca centrale ci sono 88 miliardi di euro di lingotti d’oro. Rispetto all’anno della crisi, il 2007, il valore delle riserve auree è addirittura raddoppiato. Ma negli ultimi sette mesi il crollo del valore del metallo giallo ha provocato a Bankitalia una minusvalenza virtuale della bellezza di 20 miliardi di euro. Al 30 settembre del 2012, infatti, le 2.452 tonnellate di oro presenti nella pancia dell’istituto centrale erano valutate in 108 miliardi di euro. Un picco che ha indotto alcuni interlocutori, vedi Consob e Mediobanca, a chiedere di valutare un’eventuale cessione di parte delle riserve.