Il Coordinamento diritto alla Salute del Lodigiano continua a fare da apripista in tema di Sanità. Tra i primi in Italia a battersi per azzerare le liste d’attesa e i disservizi in sanità – scrivendo ai vertici delle aziende sanitarie ogni volta che non viene rispettata la tempistica prescritta dal medico di base per le analisi o le visite specialistiche – ha presentato un ricorso presso il tribunale di Lodi, ipotizzando per l’Asst il reato di interruzione di pubblico servizio.
Incassando un’altra vittoria: il Gip Giuseppe Pighi ha respinto venerdì scorso la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Lodi e ha convocato per il 9 ottobre prossimo l’Asst di Lodi e il Comitato. In quella occasione il giudice deciderà se aprire il procedimento penale o archiviare. Un precedente importante, che se arriverà in fondo, potrebbe diventare un’arma assai utile contro le attese bibliche dovute alle disfunzioni di Regione Lombardia. Enrico Bosani è uno degli attivisti storici degli sportelli salute del lodigiano.
Borsani, com’è nata l’idea dell’esposto alla magistratura per la Sanità?
“Con i nostri sportelli salute aiutiamo le persone a superare le disfunzioni del servizio sanitario, pretendendo che la legge venga rispettata. Oltre a fare ricorsi individuali, persona per persona, abbiamo raggruppato un certo numero di questi ricorsi, circa una settantina, evidenziando l’agenda chiusa, i tempi dilatati oltre il tempo massima d’attesa, gli appuntamenti dati fuori dall’ambito territoriale. Abbiamo fatto le segnalazioni all’ex Dg Salvatore Gioia (al suo posto c’è oggi Guido Grignaffini, ndr) chiedendo di intervenire e invitandolo a mettere la struttura in condizione di funzionare come si deve, rispettando la legge e i diritti individuali e collettivi alla salute. Il dg generale non ci ha mai risposto, allora abbiamo presentato un esposto alla magistratura ipotizzando l’interruzione di pubblico servizio come reato da verificare”.
Su quali basi la Procura di Lodi chiedeva l’archiviazione?
“Sosteneva che le disfunzioni nascono per un problema di bilanci, non di cattiva volontà, battendo anche sul tasto della mancanza di personale. E, ancora, che non è ravvisabile l’interruzione di pubblico servizio perché comunque le persone possono andare al pronto soccorso o alla guardia medica, quindi c’è sempre qualcuno che può prendersene carico”.
Ma il problema è proprio che i Ps sostituiscono la medicina territoriale…?
Esatto. Lo abbiamo fatto presente al Gip.
Quanti casi avete seguito in questi due anni come Comitato?
“Fino ad oggi nel lodigiano abbiamo affrontato circa 150 casi, tutti risolti. Ora stiamo cominciando a intervenire sui ricoveri chirurgici. Abbiamo scoperto che sono codificati in quattro fasce e hanno quattro codici – A, B, C e D – che prevedono dai 30 giorni all’anno massimo di attesa, a seconda della gravità della prognosi, del dolore, della possibilità che peggiorino nel frattempo le condizioni di salute. Al cittadino dovrebbero fornire il codice di appartenenza e l’utente dovrebbe poter chiamare ogni tanto chiedendo a che punto è la sua pratica”.
Avete anche chiesto di rivedere le “liste di galleggiamento”, il sistema che permette agli operatori del Cup di trattenere le ricette dei pazienti nel caso non ci siano posti liberi nei tempi indicati e richiamare il paziente in un momento successivo per fissare la prestazione. Perché?
“Sono una vergogna che nega il diritto alla salute e umilia i cittadini che hanno bisogno di cure. E così come sono state concepite hanno un profilo di illegalità, perché non rispettao i tempi indicati nella prescrizione del medico”