La partecipazione alla vita politica è possibile solo a parole. Perché mentre infuria il dibattito sull’astensionismo al referendum anti-trivelle del 17 aprile, le leggi di iniziativa popolare vengono puntualmente ignorate dal Parlamento. Solo nella legislatura in corso ne sono state depositate quaranta (ma una di queste è stata depennata per l’insussistenza del quorum). Ma nessuna è stata approvata. Certo, le Camere hanno la facoltà di respingere un testo. La questione è tuttavia un’altra: oltre il 50% delle iniziative non ha avviato nemmeno l’esame in commissione. E, alla luce delle esperienze passate, non approderanno in Aula nemmeno in futuro. Eppure la Costituzione prevede esplicitamente, nell’Articolo 71, che “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.
TESTO UNIFICATO – L’unico modo per cercare di valorizzare una legge di iniziativa popolare è quella di inserirla in un testo unificato. Ma l’accorpamento con un’altra proposta finisce spesso per svuotare il contenuto. E plasmarlo sulla base dei voleri dei parlamentari. L’unico esempio virtuoso nella legislatura è relativo alle misure per favorire la legalità e soprattutto “la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata”. Il testo è attualmente fermo al Senato dopo l’approvazione della Camera. Per il resto le proposte degli elettori sono destinate al macero. La storia in questo senso è una perfetta insegnante: dalla nascita della Repubblica solo in tre occasioni le proposte popolari sono diventate leggi dello Stato. Nel 1983 sulle adozioni e la patria potestà, nel 1992, sul tema della caccia e nel 2000, sull’innalzamento dell’età per la scuola dell’obbligo. Una quantità modesta rispetto alla costante produzione di testi depositati.
COSA PREVEDONO – Gli italiani hanno messo sul tappeto varie questioni. In attesa della valutazione del Parlamento. Su alcuni punti è difficile trovare un accordo come la legge per “bloccare Equitalia” che prevede la riduzione dei guadagni sul recupero dei tributi e lo stop immediato di “tutti i provvedimenti esecutivi, senza oneri per il richiedente, relativi a cartelle esattoriali di pertinenza statale e per le quali sia stata presentata richiesta di dilazione e sospensione del pagamento”. Sulla stessa falsariga la legge sul referendum per individuare una moneta alternativa all’euro. Un’altra iniziativa, meno populista, pone un problema serio con il divieto dei “giochi d’azzardo nei quali ricorre il fine di lucro, quelli in cui sono previste puntate di denaro e quelli nei quali la vincita o la perdita sono interamente o quasi interamente aleatorie”. E c’è anche chi ha messo sul tavolo la volontà di migliorare il “trattamento dei lavoratori impiegati nelle filiere degli appalti privati e pubblici”. Ma il Parlamento non ha tempo per valutare. In tutti i 40 casi.
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