di Stefano Sansonetti
Sono giorni a dir poco tumultuosi per la Guardia di Finanza. Da una parte lo spettro dei tagli, per ora solo minacciati all’interno del piano di spending review messo a punto da Carlo Cottarelli; dall’altra una nomina all’interno del Corpo particolarmente rilevante, ma per ora passata sotto silenzio, che svela un braccio di ferro in atto con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli. E qui la partita si fa particolarmente interessante. Si dà infatti il caso che nei giorni scorsi sia stato deciso il passaggio di Stefano Screpanti a capo del III reparto operazioni delle Fiamme gialle. Si tratta di una poltrona di assoluto rilievo al comando generale della Gdf, dalla quale in pratica si gestiscono tutte le operazioni che vengono fatte sul territorio. Screpanti è stato chiamato direttamente dal comando provinciale di Palermo, che guidava dal giugno del 2011. E’ appena il caso di far notare che proprio a Palermo, dal luglio 2010 al giugno 2012, ha lavorato Saverio Capolupo, oggi comandante generale della Gdf ma all’epoca comandante interregionale per l’Italia Sud-Occidentale con base proprio nel capoluogo siciliano. Per Screpanti, in realtà, si tratta di un ritorno al III Reparto operazioni, visto che in passato ne aveva guidato l’Ufficio tutela delle entrate.
Il retroscena
Ma cosa c’è dietro questa nomina? Da ambienti delle Fiamme gialle filtrano ricostruzioni secondo le quali Screpanti sarebbe stato scelto per arginare l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli e il suo attuale direttore, Giuseppe Peleggi, uomo lanciato all’epoca dall’ex ministro delle finanze Vincenzo Visco (Pd). I motivi di contrasto tra Gdf e Dogane, in realtà, sembrano essere risalenti nel tempo. E avrebbero a che fare con il controllo delle frontiere, dove doganieri e finanzieri si guardano spesso in “cagnesco”. Al di là delle ragioni storiche, però, parrebbe esserci stata negli ultimi tempi un’escalation di tensione tra le parti. Insomma, il Corpo avrebbe scelto Screpanti, che dal III reparto si occuperà ovviamente anche della questione frontiere, per mettere un argine a Peleggi e ai suoi. La situazione, a quanto pare, sarebbe anche finita all’attenzione dell’attuale numero due dell’Agenzia, ovvero Luigi Magistro, che sembra nutrire corpose ambizioni di sostituire il “suo” direttore. Magistro è un ex pezzo grosso delle Fiamme Gialle e quindi vedrebbe di buon occhio i paletti che il Corpo sta cercando di opporre a Peleggi con la nomina di Screpanti. Ma è tutt’altro che scontato che il cerchio si chiuderà in questi termini.
La scure
L’altro motivo di fibrillazione per la Gdf, che oggi conta circa 60 mila dipendenti, è costituito dal piano dei tagli escogitato da Cottarelli. Sul punto, qualche giorno fa, le Fiamme Gialle hanno depositato in parlamento un documento piuttosto duro, in cui il Corpo spiega di aver abbondantemente già dato e di essere ridotto all’osso. In un passaggio, per esempio, si ricorda che la Gdf è riuscita “a mantenere un soddisfacente livello di operatività pur in presenza di un decremento delle risorse stanziate per il funzionamento, le quali hanno subìto una riduzione dal 2009 al 2013 di circa il 21%”. Per non parlare degli organici. Il documento spiega come, “a fronte di risparmi per mancati arruolamenti pari a 93 milioni di euro”, il Corpo oggi sconti “una carenza organica ormai pari a oltre 9 mila unità”. Dato destinato “ad aggravarsi se si tiene conto che le proiezioni al 2015 stimano una carenza di circa 10.300 militari”. Eppure le Fiamme gialle finiscono nel mirino. Addirittura in un passaggio quasi nascosto della relazione tecnica al decreto sul rientro dei capitali del gennaio scorso, firmato dall’allora ministro Fabrizio Saccomanni, c’è scritto che gli addetti ai controlli fiscali della Gdf sono 10 mila (su un totale di 60 mila). Se ne dovrebbe dedurre che solo un finanziere su sei svolge questa attività. Un’accusa grave, per giunta contenuta in un provvedimento di via XX Settembre. Chissà se, in qualche modo, Cottarelli ne è venuto a conoscenza.
Twitter: @SSansonetti