di Stefano Sansonetti
Dopo l’incendio il fumo sta andando dritto negli occhi dei Benetton. Il nome della famiglia, in effetti, finora è stato scrupolosamente tenuto al riparo dalle polemiche seguite alle fiamme che la scorsa settimana hanno investito di Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino. E invece sono diversi i motivi per i quali il nome dei Benetton va fatto. Innanzitutto perché il gruppo, tramite la holding Atlantia, controlla proprio Aeroporti di Roma (oltre che Autostrade per l’Italia). E poi perché l’incendio, sulle cui cause è in corso l’inchiesta da parte della procura di Civitavecchia, rischia di “bruciare” una delicatissima partita finanziaria che i Benetton si stanno giocando: la cessione del 30% della stessa Adr. Del resto i problemi scatenati dall’incidente si stanno già moltiplicando sulle scrivanie dei vertici della società aeroportuale. Per quale motivo? Molto semplice. Tanto per cominciare sono in atto le verifiche della procura su tutta una serie di appalti assegnati in passato proprio da Adr per l’installazione e la manutenzione dei sistemi di condizionamento, dei sistemi antincendio e per opere varie di ristrutturazione. A quanto pare tra le richieste della magistratura ci sarebbero anche i piani di evacuazione.
LE MOSSE
Insomma, tutto deve essere studiato al dettaglio, al di là delle primissime giustificazioni fornite dalle parti in causa. La domanda che sta cominciando a circolare con una certa insistenza è tanto semplice quanto allarmante: siamo sicuri che gli altri terminal siano al riparo dal rischio di andare a fuoco mandando in tilt l’intero aeroporto? Di certo un interrogativo che, unitamente all’inchiesta in corso, con rappresenta il miglior biglietto da visita di fronte ai potenziali compratori di una quota di Adr. Le trattative, come emerso nei mesi scorsi, vedono in pole position Adia (Abu Dhabi Investment Authority), fondo sovrano emiratino beneficiario di una sorta di “ius primae noctis” sulla società aeroportuale, se solo si considera che proprio dagli Emirati viene Etihad, la compagnia aerea che ha messo le mani sull’Alitalia salvandola dal baratro. Ma dietro le quinte continuano a muoversi le ambizioni di Wren Huose (fondo del Kuwait) e di Ifm (il fondo infrastrutturale autraliano “trombato” dai cinesi nella recente corsa a Cdp Reti). Di sicuro un’attenzione particolare si sta per concentrare sugli appalti gestiti da Adr e sulle aziende che hanno svolto i relativi servizi. A tal proposito dai documenti di gara di Adr viene fuori che il 22 ottobre del 2013 è stata aggiudicata all’A.t.i. Eugenio Ciotola spa e Na.Gest Global Service srl la commessa triennale per la “conduzione e manutenzione ordinaria degli impianti termici, di condizionamento, idrico-sanitario e antincendio”. L’appalto, il cui valore inziale era stato fissato in 11 milioni e 722 mila euro, alla fine è stato assegnato per 8 milioni e 692 mila. La preoccupazione comincia a montare. E va a riguardare pure lo stato di salute dei dipendenti. Dopo l’incendio Adr ha affidato alla società Hsi Consulting il compito di fare rilievi sulla presenza delle sostanze tossiche nel Terminal 3 dopo l’incidente. E il responso della società è stato che non risulta superato nessuno limite di legge.
IL DETTAGLIO
E’ appena il caso di far notare che la Hsi Consulting è da anni un fornitore della società aeroportuale, come dimostra una gara bandita da Adr e vinta da Hsi nel marzo del 2011 per il “servizio di indagine e rilevazione dei rischi di natura igienico-ambientale”. Senza contare che proprio dal sito internet di Hsi emerge chiaramente che Adr è cliente della società che si occupa di sicurezza ambientale. Nonostante le rassicurazioni, però, i sindacati nei giorni scorsi hanno denunciato problemi respiratori da parte di diversi dipendenti. E in un caso come questo lo “spettro” di una causa legale “virale” è sempre dietro l’angolo. Naturalmente nei prossimi giorni le indagini esploreranno tutte le variabili possibili e esamineranno una corposa documentazione. Ma per i proprietari di Adr, i i Benetton, tutto questo incidente è una vera tegola. Anche se in pochi lo dicono.
Twitter: @SSansonetti