Le famiglie italiane sono sempre meno ricche. A certificarlo è il report Bankitalia-Istat su dati relativi alla fine del 2022: la ricchezza netta delle famiglie italiane è in forte calo in termini reali, essendo pari a 10.421 miliardi di euro (177mila euro pro capite). Il calo, rispetto al 2021, è stato dell’1,7% ma in termini reali la riduzione è molto più elevata: addirittura -12,5%.
A pesare è stata soprattutto la forte pressione inflazionistica iniziata nel 2021 e proseguita nel 2022. La ricchezza netta, inoltre, è scesa anche in rapporto al reddito disponibile, da 8,7 a 8,1.
Crolla la ricchezza delle famiglie italiane
Secondo quanto emerge dal report, sono aumentate le attività non finanziarie grazie alla crescita del valore delle abitazioni. Un dato che deriva soprattutto dall’aumento del numero di compravendite e della riqualificazione degli immobili grazie al Superbonus e agli altri bonus edilizi.
Le attività finanziarie, invece, si sono ridotte del 5,2% per il calo del valore delle riserve assicurative, delle azioni e delle quote di fondi comuni. Nettamente diminuita anche la crescita dei depositi a 15 miliardi, contro una media di 80 miliardi nel triennio precedente. Le famiglie hanno riportato perdite in conto capitale, derivanti soprattutto dalla svalutazione di riserve assicurative, quote di fondi comuni, azioni e titoli.
Gli italiani in ginocchio
Come sottolinea Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, i dati Istat e Bankitalia sono “drammatici, si tratta di un crollo molto preoccupante e allarmante”. Ciò che viene fuori è che “gli italiani si impoveriscono sempre più e il fatto di essere proprietari della loro abitazione non è più sufficiente come una volta per mantenere stabile la loro ricchezza, che scende anche in rapporto al reddito disponibile, reddito già insufficiente per far fronte all’aumento del costo della vita e all’inflazione galoppante”.
In conclusione, “il tesoretto degli italiani perde sempre più di consistenza e questo significa accrescere le incertezze sul futuro, ridurre le aspettative sulla propria condizione economica, con conseguenze negative sui consumi”, conclude Dona.