Prima la crisi economica, poi la pandemia e ora la guerra. Non c’è da stupirsi se gli italiani sono sempre più malinconici e preoccupati davanti a un mondo in rapido cambiamento e dove non c’è più alcuna certezza.
Questo è il ritratto che emerge dal 56° Rapporto del Censis, sulla situazione sociale del Paese/2022, e che mostra – in modo piuttosto eloquente – che la fiducia in un futuro migliore è letteralmente in picchiata tanto che ormai predomina incontrastato il pessimismo. Un’epoca che viene definita dal Censis come quella “del post-populismo” e in cui domina il disincanto per una società sempre più iniqua.
Un Paese in crisi
Un rapporto che il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii, ha sintetizzato con la “malinconia che definisce il carattere degli italiani, il nichilismo”. Dati alla mano, secondo lui, è chiaro che siamo arrivati alla “fine dell’era dell’abbondanza e delle sicurezze”.
Una malinconia, ha spiegato durante la presentazione del rapporto, che “corrisponde alla coscienza della fine del dominio dell’Io sugli eventi del mondo, l’Io che è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando è costretto a relazionarsi con il mondo”. Insomma una nuova consapevolezza che trova spiegazione negli ultimi anni che sono stati davvero “straordinari” per via dei numerosi eventi fuori dal comune, dalla pandemia alle catastrofi naturali e dalla crisi energetica alla guerra in Ucraina.
Un periodo difficile e che nessuno poteva minimamente immaginare dove, senza nessun preavviso, sono tornati “i grandi eventi della storia” con quest’ultima “che si è rimessa in moto”. Fatti fuori dall’ordinario, ma sempre più frequenti, “con cui dobbiamo imparare a relazionarci” per non rischiare di venire emotivamente travolti. “Se quella del 2020 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi, oggi invece si paga un prezzo dell’irruzione della Storia nelle nostre piccole storie e quei meccanismi proiettivi hanno perso presa sulla società e forza di orientamento nei comportamenti collettivi”.
Parole che trovano giustificazione nei dati raccolti dal Censis. Guardando alla tumultuosa situazione internazionale, infatti, va sottolineato che il 61% degli italiani teme che possa scoppiare il terzo conflitto mondiale, il 59% il ricorso alla bomba atomica, il 58% che l’Italia entri in guerra. Un rapporto che non si è limitato a scandagliare la percezione degli italiani verso gli eventi internazionali ma anche verso l’economia e le disuguaglianze.
Il primo dato che è bene segnalare è che davanti al peggiorare di tutti gli indicatori economici e finanziari, da quanti hanno risposto alla rilevazione emerge che le “istanze di equità non sono più liquidabili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico” ma devono essere tradotte in realtà. A preoccupare è soprattutto il fatto che l’inflazione galoppa e che questo trend proseguirà ancora molto a lungo secondo il 92,7% degli intervistati.
Insomma secondo il 70% degli italiani è in vista un impoverimento generalizzato e per il 76,4% dei campionati ritiene certo che i salari resteranno fermi al palo e che quindi crollerà ulteriormente il loro potere d’acquisto. Disagi economici evidenti per i quali cresce “la ripulsa verso privilegi oggi ritenuti odiosi, con effetti sideralmente divisivi: per l’87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e quelle dei dirigenti, per l’86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli influencer, per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities, per il 73,5% l’uso dei jet privati”.