A squarciare il velo dell’ipocrisia meloniana è Giuseppe Conte. “Presidente Meloni, lei giovedì si presenta in una Bruxelles ancora scioccata dallo scandalo sul Qatar e dalle mazzette di soldi nascoste dentro bustoni di plastica. Cosa porta in dote? Un’Italia che propone misure per rendere più facile la vita per i corrotti della Pa, che agevola gli evasori e che vuole far candidare i condannati?”.
Il decreto Rave, approvato al Senato, non norma solo i rave party ma assesta un duro colpo alla Spazzacorrotti
Il leader del M5S interviene alla Camera dopo le comunicazioni in vista del Consiglio europeo di Giorgia Meloni e mira dritto al bersaglio. Qualche ora dopo il Senato voterà il decreto Rave che alla fine passa con 92 sì, 75 contrari e un astenuto. Il provvedimento, che ora va alla Camera, non norma solo i rave party ma – a questo fanno riferimento le parole del leader 5S – assesta un duro colpo alla Spazzacorrotti, approvata nel 2019 (sotto il primo governo Conte) per iniziativa dell’ex Guardasigilli, Alfonso Bonafede.
Nel 2019 – grazie alla Spazzacorrotti – i gravi reati contro la pubblica amministrazione sono stati affiancati a quelli di mafia e terrorismo nell’elenco degli “ostativi” previsti dall’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Vale a dire i condannati per queste fattispecie non possono accedere ai benefici carcerari (come il lavoro esterno, i permessi premio o le misure alternative alla detenzione) se non collaborano con la giustizia a norma dell’articolo 323-bis del codice penale.
Una norma che il partito di Silvio Berlusconi ha sempre visto come fumo negli occhi e che ora è riuscito a smontare. La Commissione Giustizia del Senato ha infatti approvato l’emendamento di Pierantonio Zanettin (FI) che elimina dall’articolo 4-bis il riferimento ai reati che vi erano stati aggiunti nel 2019: peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione o per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di incaricato di pubblico servizio, istigazione alla corruzione.
A votare a favore oltre ai senatori del centrodestra, anche Ivan Scalfarotto di Italia viva. Sebbene ieri lo stesso Scalfarotto si sia scagliato contro il provvedimento giudicato iniquo. Un successo, infine, quello degli azzurri che ha compensato i mal di pancia di FI sulla norma che prevede le intercettazioni anche per chi organizza i rave.
“L’eliminazione dei più gravi reati di corruzione da quelli ostativi è solo il preludio di una stagione di restyling del sistema penale di stampo classista che già riceve il plauso di tutti i palazzi del potere e dei media padronali” attacca il senatore M5S, Roberto Scarpinato. “Si rivela così – conclude l’ex magistrato antimafia – come dietro la maschera del garantismo, si celi il vero volto classista della politica criminale di destra: pugno di ferro e ferocia giustizialista per reati della gente comune, guanti di velluto e lassismo per i reati dei colletti bianchi che popolano i piani alti della piramide sociale”.
Senza considerare che così come è stata strutturata, questa legge disincentiva fortemente la collaborazione con la giustizia dei condannati per reati ostativi. Tornando alla norma contro i ‘rave party’, questa, nell’ultima versione che ha avuto il via libera, riguarda solo i promotori e gli organizzatori che rischiano il carcere fino a 6 anni.
Per i partecipanti, continuerà a valere l’attuale articolo 633 del codice penale che ha come pena massima i 4 anni. Ma le intercettazioni – questo il punto dolente per gli azzurri che sono stati costretti a ingoiare in cambio del regalo ai detenuti per i reati contro la Pa – saranno sempre possibili non solo perché resta la pena sino a 6 anni ma anche perché l’articolo 633 c.p. rientra nell’elenco di quelli per i quali gli ‘ascolti’ sono sempre ammessi.