Chi inquina paga. Non è solo un modo di dire, troppo spesso evaso. È molto di più, essendo un principio focale contenuto, per dire, già nel primo Programma d’Azione Ambientale della Comunità Europea che risale addirittura al 1973. E poi, vista la sua importanza, del principio si rifà menzione nella Dichiarazione della Conferenza di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo del ‘92, fino ad entrare nel Trattato dell’Ue del 2016. Insomma, dovrebbe essere un punto granitico delle politiche ambientali. Eppure quel che sembra è che, nei fatti, “chi inquina, non paga”. O, perlomeno, non paga il dovuto. Almeno in Italia. A dirlo più che chiaramente è l’Ufficio Valutazione Impatto del Senato nel suo ultimo dossier. I dati parlano chiaro. Nell’ultimo anno rendicontabile (2013) abbiamo le famiglie che hanno prodotto danni sanitari e ambientali per 16,6 miliardi, seguite dall’industria (13,9 miliardi) e dall’agricoltura (10,9). Ma ecco il punto: “esiste un forte squilibrio – scrivono i tecnici di Palazzo Madama – tra chi inquina e chi paga: nel 2013 le famiglie hanno pagato il 70% in più rispetto ai danni creati, le imprese il 26% in meno. Il record degli sconti, 93%, va all’agricoltura”.
Il dettaglio – A questo punto, però, entriamo nel dettaglio. Per comprendere “quanto vale” l’inquinamento, partiamo da un dato: i costi ambientali cosiddetti “esterni” (cioè quei danni generati da un’attività economica o sociale che ricadono su terzi, sottoforma ad esempio di effetti sanitari, o sull’ambiente) di famiglie e imprese superano i 50 miliardi di euro. Il 3,2% del Pil nazionale. Ovviamente, la maggior parte dei costi è dovuta ai settori produttivi dell’economia (33,6 miliardi di euro), mentre come detto le famiglie incidono per 16,6 miliardi. Ma ecco il punto: in soldoni, le famiglie si ritrovano poi a pagare imposte ambientali per 28,2 miliardi di euro. Come detto, il 70% in più. A discapito delle industrie che, pur inquinando per 13,8 miliardi, pagano imposte per 10 miliardi e rotti. Il vero prezzo di favore, però, è per l’attività agricola, come detto: i costi esterni generati in questo caso sono pari a 10,9 miliardi. E quanto si paga di imposte? Briciole: 750 milioni di euro.
Assurdo ambientale – Ma c’è un altro aspetto non secondario e che è emblema della sproporzione tra chi inquina e chi paga. Come rivelato ancora dal dossier, infatti, le tasse ambientali vivono un profondo “paradosso”, dato che l’ambiente, per così dire, non beneficia del suo gettito che, anzi, spesso vincolato a finalità non ambientali. Non a caso l’Istat, ricordano ancora i tecnici del Senato, ha attestato che solo l’1% circa del gettito delle imposte ambientali è destinata poi a finanziare spese per la protezione dell’ambiente stesso. Il caso più ecltatante, come spesso denunciato, è quello delle accise sui carburanti che, non a caso, è soggetto spesso a lievitazioni proprio perché, tramite questa imposta, si finiscono col finanziare missioni internazionali di pace, terremoti o altri tipi di emergenze. “Sono spese – conclude il dossier – che costituiscono costi che lo Stato deve coprire, e per cui lo Stato sceglie di utilizzare un’imposta ritenuta ambientale dallo Stato stesso”. Quanto valgono queste imposte? Peccato: “Non esistono dati ufficiali sull’entità del gettito delle tasse ambientali per spese non ambientali”. Un modo per lavarsi la faccia.