Dicono che il boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro sia stato scovato a causa delle sue amanti. Ma mi sembra una balla.
Elvira Danesi
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Gentile lettrice, anche a me sembra una versione edulcorata, creata forse per ridare dignità agli investigatori che per 30 anni hanno cercato il boss latitante, mentre lui se ne stava a casa sua. La cattura penso sia stata una resa negoziata del padrino, ormai malato terminale. Lo stesso arresto mi è sembrata una messinscena: il re dei ricercati condotto via dagli agenti con gentilezza e senza neppure le manette. Dalle piccole cose spesso si capiscono le grandi. Va detto, comunque, che c’è un che di poetico nella storia delle due vivandiere, entrambe mogli di mafiosi ed entrambe divenute sue amanti. “Penso che qualsiasi donna nell’averti accanto si senta speciale. Riesci a far sembrare nulla gli altri uomini” scrive una delle due nei suoi pizzini. “Ci apparteniamo, nel bene o nel male”. E ancora: “Mi manca tutto, anche guardare un film assieme a te”. E quando capisce che lui ha una relazione con l’altra e li vede salire a casa di lei, scoppia la gelosia: “Non sono andata su tutte le furie, ma mi ha dato tanto fastidio, è innegabile, non sapere cosa stessi facendo in quel momento, non sapere se eravate soli, se… se… mille se…”. Qualcosa di poetico, dicevo. La più antica testimonianza della gelosia è quella della poetessa Saffo: “Simile agli dèi mi sembra colui che ti è accanto… A me il cuore si agita nel petto… Un fuoco sale alla pelle e ho buio negli occhi, un rombo di sangue alle orecchie”. L’amata di Saffo era una donna, ma la gelosia è uguale per tutti in tutti i tempi.
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