Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov è stato ospite a Zona Bianca su Rete 4 (leggi l’articolo – qui il video), nella sua prima intervista in Europa dall’inizio della guerra. Chiamarla intervista è più che un eufemismo: Lavrov ha potuto comodamente tenere un comizio in prima serata interrotto al massimo da qualche tiepida osservazione del giornalismo in studio. Del resto che certo giornalismo italiano sia specializzato in interviste sdraiate quando si tratta di ascoltare ricchi o potenti è una lezione che abbiamo imparato ben prima della venuta dei russi.
Lavrov ha potuto comodamente tenere un comizio in prima serata interrotto al massimo da qualche tiepida osservazione
Poiché dalle nostre parti la politica adora accapigliarsi sugli aspetti irrilevanti il segretario del Pd Enrico Letta parla di “onta per l’Italia” mentre Matteo Salvini invoca un “no alla censura” con un capovolgimento dei fronti in cui la forza che dovrebbe essere progressista si impunta nel ritenere gli elettori troppo cretini per non saper pesare la propaganda russa mentre la forza che dovrebbe essere conservatrice prova a rivendersi come tutrice delle libertà, dimenticando che la libertà di dire falsità per giustificare un massacro è qualcosa che si avvicina all’apologia di strage.
Del resto se Lavrov volesse davvero mettere in crisi il sistema dell’informazione italiana potrebbe rendere pubbliche le richieste di interviste che gli sono arrivate in questi ultimi due mesi. Chissà che sorprese. Ne frattempo il ministro di Putin ha tutto l’agio di poter comodamente dichiarare che l’esercito russo ha colpito “solo obiettivi militari”, come se non fossero sotto gli occhi del mondo le immagini di Mariupol rasa al suolo.
Poi, ovviamente, via con la solfa della “denazificazione” dell’Ucraina (usando il trucco di utilizzare le simpatie naziste di alcuni reparti militari ucraini come giustificazione valida per un massacro) e la bugia (anche questa già vecchia) che la strage di Bucha sia “un fake”.
La frase che ha fatto sobbalzare la comunità internazionale è quando Lavrov avrebbe affermato (secondo la traduzione simultanea) che “anche Hitler aveva origine ebraiche” per lasciare intendere che le origine ebraiche di Zelensky non cozzino con la propaganda della denazificazione di Putin.
La frase viene minimamente corretta sul sito del ministero degli Esteri russo che pubblica “potrei sbagliarmi, ma anche Hitler aveva sangue ebreo” ma ovviamente l’onda di indignazione ha già fatto il giro del mondo. Le presunte origani ebraiche di Hitler erano del resto già una leggenda nella Germania degli anni ’30, quando lo stesso Hitler incaricò il suo avvocato (futuro reggente della Polonia) Hans Frank di studiare con attenzione il suo albero genealogico per dissipare qualsiasi dubbio.
Nel corso degli anni autorevoli storici (come Richard Evans e Nikolaus von Preradovich) hanno negato qualsiasi possibilità. Nel 2010 una ricerca sul Dna di alcuni discendenti di Hitler ha riscontrato una percentuale di Dna berbero ed ebreo ashkenazita, senza però poter dimostrare la discendenza. Una cosa è certa: rilanciare la teoria cospiratoria insinua il dubbio, l’esagitazione generale del dibattito si alza e questo Lavrov, maestro di propaganda, lo sa benissimo. Israele intanto ha convocato l’ambasciatore russo per avere chiarimenti.
La miccia della propaganda comunque si è accesa, lo spazio pubblico si è ulteriormente inquinato e un nuovo elemento per confermare tesi errate adesso è a disposizione. Intanto il governo trascina il Paese in guerra e i politici discutono nei talk show, dimenticandosi Camera e Senato.