I dati Istat sull’occupazione di ottobre ci dicono che c’è stata una crescita degli occupati dello 0,1% sul mese precedente e del 2% sul mese di ottobre 2022. Contestualmente è aumentata la disoccupazione, raggiungendo quota 7,8% e quella giovanile è aumentata dell’1,5% al 24,7%.
Lucia Valente, professoressa di Diritto del Lavoro della Sapienza di Roma ed ex assessora al Lavoro della Giunta Zingaretti, che ne pensa?
“L’aumento dell’occupazione è sempre una buona notizia. Bisogna tuttavia verificare in quali settori vi è stato l’aumento rilevato dall’Istat e di quali contratti si tratta. Le percentuali riguardano il flusso di tutti i contratti di lavoro attivati, comprese anche le trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, i contratti di brevissima durata, come quelli del settore turistico o dello spettacolo, e anche i tirocini extracurriculari che sono rilevati dalle comunicazioni obbligatorie. Resta in ogni caso preoccupante l’elevato tasso di disoccupazione giovanile che riguarda i cosiddetti Neet”.
Per quanto riguarda l’occupazione femminile l’Italia continua a rimanere maglia nera in Europa. Come se lo spiega?
“Le donne scontano un ritardo storico nelle politiche di genere. Il PNRR ha fatto del lavoro femminile una questione nazionale promuovendo pari opportunità e inclusione lavorativa delle donne negli appalti pubblici, prevedendo premialità per le aziende che certificano la parità di genere e altre premialità per le aziende che promuovono misure di conciliazione vita-lavoro. Ma dai numeri non sembra che questo sistema stia funzionando bene. Le faccio solo altri due esempi: il ritardo nella costruzione degli asili nido e degli alloggi universitari. Due misure finanziate dal PNRR che ancora non sono state attuate e che penalizzano le giovani donne”.
C’è un’enorme questione salariale nel nostro Paese. Il taglio del cuneo fiscale secondo lei è sufficiente per affrontarla?
“La riduzione del cuneo è una misura parziale, perché riguarda solo chi il lavoro ce l’ha. Invece dobbiamo pensare anche a chi il lavoro lo cerca e non lo trova, e a chi è ingaggiato in modo irregolare. Le faccio solo un esempio: l’esercito dei finti lavoratori autonomi che vivono in una posizione di sfruttamento e di debolezza contrattuale, e i lavoratori delle piattaforme digitali”.
Il governo si è preso la delega sul salario minimo. Che ne pensa?
“è un modo molto intelligente per ‘comprare tempo’ in vista delle imminenti elezioni europee. Tuttavia i lavoratori poveri, un ossimoro tutto italiano, non hanno tempo per aspettare i decreti delegati”.
Il Cnel, guidato da Renato Brunetta, ha ribadito la centralità della contrattazione collettiva per vincere il fenomeno del lavoro povero ma la Corte di Cassazione ha sostenuto che questa non è sempre sufficiente a garantire quanto stabilito dall’articolo 36 della Costituzione. Quale il suo parere?
“Ha drammaticamente ragione la Corte di Cassazione. I sindacati, anche i più rappresentativi, non sono più in grado di rinnovare i contratti collettivi ogni 3 anni e a difendere il potere d’acquisto dei salari recuperando l’IPCA (indice prezzi al consumo armonizzato), secondo il sistema che dal 2009 consente di recuperare il potere d’acquisto dei salari legato all’inflazione. Più della metà dei CCNL sono scaduti da anni, e non sono previsti meccanismi automatici per recuperare l’inflazione. L’unico modo per difendersi è affidarsi alla magistratura. Ma è un modo pericoloso: perché scredita i sindacati e perché è parziale in quanto le decisioni sono riferite di volta in volta al caso singolo. E questo non può costituire una soluzione accettabile del problema”.
Cosa ne pensa della proposta di ridurre la settimana lavorativa a parità di salario?
“Penso che sia inevitabile considerato che la digitalizzazione e l’Intelligenza Artificiale consentiranno un aumento della produttività individuale in tempi assai più ridotti rispetto agli attuali”.
Il governo ha esteso l’utilizzo dei voucher e ha reso più facili i contratti a termine. Ma il mercato del lavoro aveva bisogno di ulteriore flessibilità?
“Il mercato del lavoro ha bisogno di flessibilità soprattutto in fasi turbolente come quelle che stiamo vivendo. Il problema è che insieme alla flessibilità deve essere garantito anche il diritto costituzionale al lavoro che presuppone servizi per il lavoro adeguati e misure di politica attiva efficienti per far fronte ai fabbisogni delle imprese. Noi siamo ancora arretrati rispetto agli altri Paesi europei. E non mi pare che per questo Governo la tutela della persona nel mercato del lavoro sia una priorità”.