di Valentina Proietti
Doveva essere l’autostrada del futuro ma, allo stato attuale, è solo il tunnel degli sprechi. Il famigerato corridoio di raccordo Roma-Latina è stato pensato ben dieci anni fa, come la soluzione a tutti i mali della Pontina, ovvero traffico insostenibile e tasso di incidenti mortali spaventosamente elevato.
Un contenzioso lungo anni
Fu la giunta regionale guidata da Francesco Storace a prendere l’iniziativa, allora tanto osannata e oggi tanto odiata. L’Arcea, una società partecipata al 51% dalla Regione Lazio, venne incaricata di realizzare l’opera, stanziando 700 milioni di euro dei 2.7 miliardi stimati come necessari. Sulla carta il progetto prevedeva la costruzione del collegamento “A12 – Pontina – Appia” e della “Bretella Cisterna – Valmontone”, progetto approvato dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) nel 2004.
Nel 2007 il Comitato tecnico per l’urbanistica delle Regione Lazio approvò il piano definitivo “Sistema Intermodale Integrato Pontino: Roma – Latina e Cisterna – Valmontone”, ma già l’anno successivo iniziarono gli ostacoli. L’incarico venne infatti trasferito in capo a una neonata società Autostrade del Lazio (avente partecipazione mista Anas-Regione) e l’Arcea presentò ricorso al Tar contro la Regione Lazio, sostenendo la natura illegittima dell’affidamento. L’organo giudiziario si è espresso nel 2012 in senso negativo, in quanto a suo avviso il ricorrente non aveva titolo per chiedere di essere riconosciuto concessionario della Roma-Latina.
L’Arcea, nel frattempo sciolta come società, si è indi rivolta al Consiglio di Stato, che il 28 febbraio 2013 ha confermato quanto sancito in primo grado.
Gli sprechi
Chiuso il contenzioso giudiziario, si potrà adesso procedere all’aggiudicazione della gara d’appalto per l’opera. Dopo soli nove anni dall’approvazione del progetto. Questo prevede la realizzazione di 186,2 chilometri tra autostrade e infrastrutture, per un costo pari a quello previsto inizialmente nel lontano 2004.
L’opera verrà compiuta in project financing, con un contributo pubblico del 40%, mentre l’appaltatore privato coprirà il restante 60%. Facendo i dovuti calcoli, lo Stato dovrà sborsare 970 milioni di euro, anche se le casse al momento ne contengono meno di 470.
Se poi si guarda a quanto già è stato speso, la situazione si fa ancora più cupa. La Regione Lazio versò all’epoca ben 45 milioni di euro solo per la progettazione presentata, a cui si aggiungono i 43 di risarcimento ai soci privati dell’Arcea, in base a quanto stabilito dal collegio arbitrale nel 2012. La somma arriva quasi a 100 milioni di euro, se si tiene conto anche dei costi amministrativi non di una ma di ben due società (Arcea e Autostrade del Lazio) alternatesi dal 2004 a oggi. E non è finita qua, poiché i soci dell’ex Arcea hanno impugnato il lodo arbitrale del 2012 e aspirano a un risarcimento ben più consistente.
Le inchieste erariali
Non sorprende quindi che tutto ciò abbia destato l’attenzione della Corte dei Conti, della Commissione Europea e dell’Autorità di vigilanza sui Lavori Pubblici. Il procuratore della Corte dei Conti del Lazio, Angelo Raffaele De Dominicis, è stato molto diretto nella sua memoria scritta, presentata in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario: “La polizia erariale ha accertato lo svolgimento di attività contenziose portate all’esame di due collegi arbitrali, di una procedura in corso per la stipula di un accordo transattivo con uno spreco di risorse di circa 20 milioni di euro.”
Sono quindi scattate le indagini sullo sperpero di risorse pubbliche che è all’opera da un decennio, e che con tutta probabilità è destinato a proseguire.
E a questo punto sorge spontanea una domanda: i quasi 100 milioni spesi dalla Regione Lazio in questo lasso di tempo, per un’opera che allo stato attuale è ancora solo sulla carta, non avrebbero potuto essere impiegati per la messa in sicurezza dell’attuale Pontina?
Il mostro ecologico
Come se ciò non bastasse, il suddetto dispendio di denaro è finalizzato all’attuazione di un vero e proprio scempio ambientale. L’autostrada Roma-Latina andrebbe a sovrapporre i suoi viadotti, gallerie e persino un ponte, alla strada statale già in essere, deturpando ulteriormente il paesaggio attuale.
Ma oltre a questo sono da valutare anche tutti i rischi idrogeologici, territoriali e archeologici che interesserebbero le aree circostanti e di cui si è sempre fatto portavoce il comitato “No corridoio”.
Gualtiero Alunni, una delle personalità più attive del movimento, ha elencato alcune delle conseguenze negative che la nuova autostrada provocherebbe:
“Se il progetto dovesse compiersi ci saranno centinaia di ettari di terreni espropriati con la chiusura di aziende agricole, l’abbattimento di decine di case, lo sventramento del Parco di Decima-Malafede, con un forte impatto sulla Riserva del litorale Romano, interferendo pesantemente su due siti d’interesse comunitario.”
Motivi per cui il comitato ha in questi anni proposto una valida alternativa, sotto forma di trasporto pubblico: una linea metropolitana leggera Roma-Pomezia-Ardea.
Per inciso, la mastodontica autostrada comporterebbe chiaramente un pedaggio..