Un’altra grana per il governo Meloni arriva sulla riforma dell’autonomia. Anche i tecnici abbandonano l’esecutivo, come nel caso dei quattro dimissionari del Comitato tecnico che ha il compito di costruire l’infrastruttura alla base dell’autonomia differenziata, ovvero i Livelli essenziali delle prestazioni.
Come racconta Il Sole 24 Ore, le dimissioni sono arrivate dai due ex presidenti della Corte costituzionale, Giuliano Amato e Franco Gallo, dall’ex presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, e dall’ex ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini.
In una lettera al ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, e al presidente del Comitato, Sabino Cassese, hanno annunciato le dimissioni: “Siamo costretti a prendere atto che non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione ai lavori del Comitato” che deve proprio individuare i Livelli essenziali delle prestazioni.
I tecnici contro l’autonomia differenziata: i problemi della riforma
Il problema principale riguarda quindi i Livelli essenziali delle prestazioni, ovvero gli standard minimi di servizio pubblico che devono essere raggiunti su tutto il territorio nazionale: il nodo è quello dei costi. In sostanza il problema è che si immagina che assicurare degli standard adeguati laddove oggi non ci sono possa avere costi altissimi.
Secondo il disegno di legge sull’autonomia differenziata, queste spese andrebbero coperte in modo coerente con “gli obiettivi programmati di finanza pubblica”. Vale a dire senza nuovo deficit e con aumenti delle entrate o tagli di spesa.
In particolare viene richiamata l’incoerenza tra le leggi alla base della riforma. Da una parte la norma inserita nella manovra in cui si parla, correttamente, di “pieno superamento dei divari territoriali”. E dall’altra le norme che invece non indicano la costruzione dei Lep preventiva.
In pratica il rischio è che i servizi lasciati per ultimi, senza aver previsto prima la spesa, si ritrovino senza risorse. Inoltre si sottolinea che il Parlamento, finora, è stato lasciato ai margini della riforma.
Le dimissioni dal Comitato
I quattro dimissionari avrebbero anche proposto dei correttivi sul ddl Calderoli, ma le segnalazioni sono state respinte tanto dal ministro quanto dal presidente del Comitato. E così si è arrivati all’inevitabile gesto delle dimissioni. Che, ribadiscono i tecnici, non derivano da una contrarietà all’autonomia in assoluto, ma nascono dalle scelte finora compiute e dai problemi relativi alle risorse. Una piena bocciatura al governo, insomma.