Mentre venivano uccisi altri 174 palestinesi e poco dopo la decisione della Corte internazionale di Giustizia (Cig) che all’Aja aveva definito “plausibile” l’accusa di “genocidio” a Gaza lo Stato di Israele ha ricominciato il suo attacco frontale contro l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste milioni di profughi palestinesi.
Già nelle scorse settimane era emersa la possibilità che 12 lavoratori dell’agenzia dell’Onu avessero partecipato all’attacco di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele (1.200 morti). Il commissario generale dell’agenzia, Philippe Lazzarini, ha annunciato il licenziamento dei 12 accusati promettendo un’immediata indagine interna che faccia chiarezza sull’accaduto.
Per Israele è stato fin troppo facile spostare la discussione dalle proprie responsabilità da una controffensiva che ha i contorni del massacro deliberato all’agenzia Onu. Dal 2009 in poi il premier Benyamin Netanyahu ha portato avanti un’opera di delegittimazione contro le Nazioni Unite appoggiato da Trump e da diversi governi europei. Se si vuole ammazzare, affamare e schiavizzare un popolo non c’è nulla di più fastidioso dei testimoni, come accade nel Mar Mediterraneo.
Il direttore Philippe Lazzarini ha anticipato l’imminente stop alle operazioni per la distribuzione di aiuti da cui dipendono due milioni di persone a Gaza dipendono. “Nove Paesi (tra cui l’Italia, ndr) hanno sospeso provvisoriamente i loro finanziamenti all’Unrwa. Queste decisioni minacciano la nostra opera umanitaria nella regione, incluso e in modo particolare nella Striscia di Gaza”.
La direttrice di +972 ed intellettuale israeliana Orly Noy ha detto al manifesto che “Le motivazioni di Israele sono evidentemente politiche, punendo l’Unrwa si negano i diritti dei profughi e si puniscono tutti i palestinesi”.