Ergastolo. È la pena decisa lunedì dalla Corte d’Assise di Milano per Alessia Pifferi, imputata per l’omicidio pluriaggravato della figlia di quasi 18 mesi Diana, morta di stenti dopo essere stata abbandonata dal 14 luglio al 20 luglio 2022 in un appartamento di Milano.
Nella sentenza, i giudici hanno escluso l’aggravante della premeditazione, tuttavia la Corte, dopo due sole ore e mezzo di camera di consiglio, ha riconosciuto quelle dei futili motivi e dell’aver commesso il fatto ai danni della figlia minorenne. L’ha poi condannata al versamento di provvisionali di 20mila euro per la sorella Viviana e di 50mila euro per la madre Maria. Entrambe si erano costituite parti civili nel processo.
La piccola Diana era stata trovata morta il 20 luglio del 2022, quando Pifferi era rientrata nella sua abitazione di via Parea a Milano dopo quasi una settimana. Il tardo pomeriggio del 14 luglio era partita per la provincia di Bergamo, dove abitava il suo fidanzato dell’epoca, lasciando la bimba nel lettino con soltanto un biberon e una bottiglietta d’acqua.
Pifferi impassibile durante la lettura della sentenza
Durante la lettura del dispositivo Alessia Pifferi è rimasta impassibile, fedele al suo personaggio. Una persona con gravi deficit cognitivi, “cresciuta in assoluto isolamento morale e culturale”, che da piccola “ha subito abusi, è stata vittima di violenza assistita, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, è vissuta senza avere un lavoro, in condizioni di estrema indigenza”, per la difesa. Una fredda simulatrice, per l’accusa.
Resterà in cella a San Vittore
Per i giudici sicuramente una persona in grado di intendere e volere. Tanto che la Pifferi resterà in cella nel carcere di San Vittore, in attesa del terzo grado di giudizio. La 38enne non infatti sarà trasferita nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova.
Per la sua avvocata, Alessia Pontenani, Pifferi “era molto dispiaciuta per l’atteggiamento della sorella e della mamma”. “Quando il presidente ha detto ‘ergastolo’ si è capito che dietro stavano festeggiando e qui c’è ben poco da festeggiare”, ha detto fuori dal Tribunale, “Poi non ha ben compreso il problema economico, perché ha detto ‘io non ho soldi’, allora le ho spiegato che l’unica cosa che possono prenderle è quel pezzettino di casa”. L’avvocato ha fatto sapere che farà ricorso e che chiederà “la riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia collegiale”.
Il pm: “Una sentenza giusta”
Di “una sentenza giusta, una prima tappa verso l’accertamento della verità”, ha invece parlato il pm Francesco De Tommasi. “Ho visto una donna che ha recitato una parte, mi aspettavo l’ergastolo”, ha aggiunto. Della stessa idea è la sorella Viviana: “Penso che i giudici abbiano fatto quello che è giusto – ha osservato -, perché per me non ha mai avuto attenuanti, non è mai stata matta o con problemi psicologici”. “È un dolore atroce, si è dimenticata di essere una mamma. Deve pagare per quello che ha fatto. Se si fosse pentita e mi avesse chiesto scusa, ma non l’ha fatto. Ora non riuscirei a dirle nulla”, ha detto la madre Maria Assandri.
Psicologhe indagate e avvocati sul piede di guerra
Si chiude così il primo atto di una vicenda che ha indignato l’opinione pubblica, dilaniato la procura di Milano e fatto insorgere la Camera Penale. Il riferimento è alle due psicologhe di San Vittore indagate per favoreggiamento e falso ideologico perché accusate (solo) dal Pm De Tommasi di aver svolto una “vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante” in quelle che sono le competenze previste prima e dopo la somministrazione alla Pifferi del test per determinarne il quoziente intellettivo. Con loro era stata indagata per falso ideologico anche l’avvoca Pontenani, facendo insorgere la Camera penale milanese