Mai come stavolta la direzione nazionale del Pd, in genere momento di riunione, ha rappresentato anche plasticamente la divisione del partito. Mentre all’esterno largo del Nazareno è stato assediato dalla protesta dei tassisti, all’interno hanno pesato le assenze, già in parte preannunciate. Non c’era il segretario uscente, Matteo Renzi, in viaggio verso la California, non c’era il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi e, infine, non c’erano i bersaniani. C’entra il morettiano “mi si nota più se vengo o se me ne sto in disparte” oppure la decisione di non partecipare ai lavori di ieri significa che il dado ormai è tratto e che dalla scissione non si torna indietro?
La sfida – Una cosa è certa: a sparigliare ci ha pensato Michele Emiliano. Il Governatore della Puglia, alla fine, ha rotto gli indugi in tutti i sensi. Non solo si è presentato in direzione, rompendo l’asse nato sabato scorso con lo stesso Rossi e Roberto Speranza, ma ha ufficializzato la sua candidatura alla segreteria “perché questa è casa mia, è casa nostra”, ha detto. Nelle sue parole da un lato le braccia tese proprio a Rossi e Speranza “persone per bene offese da toni arroganti, dal cocciuto rifiuto a ogni mediazione” e dall’altro l’attacco al segretario uscente “il più soddisfatto per ogni possibile scissione”: “La voglia di andar via è stata tanta ma mi candido nonostante il tentativo di Renzi di vincere il congresso ad ogni costo e con ogni mezzo, che ha fretta perché non vuole rinunciare alla posizione dominante”. Dopo la direzione di ieri, quindi, le candidature certe per la segreteria sono due, quella del Governatore pugliese e dell’ex premier, mentre Andrea Orlando non ha ancora sciolto la riserva. Si è limitato a dire che non baserà la sua decisione sulle altre candidature in campo. Per il resto dalla riunione nazionale di Via del Nazareno è arrivato l’ok alla Commissione di garanzia per il congresso. Diciassette membri in tutto (tra loro, oltre al vicesegretario Guerini, anche Morassut, Carbone, De Maria e Campana) che rispecchiano lo stato attuale del Pd ma con aggiustamenti possibili, come ha precisato il presidente del partito, Matteo Orfini, lasciando aperta la porta agli assenti: “Ci sono ancora margini per ricostruire le condizioni dell’unità”, ha detto. Con tanto di richiesta esplicita a “ripensarci, perché ci sono le condizioni per evitare addii e tenere unito questo partito”.
L’ultima carta – In realtà, appelli all’unità hanno segnato l’intera riunione al Nazareno. A cominciare da Gianni Cuperlo che una sua proposta di mediazione l’ha lanciata: “Avviamo il congresso, con una prima fase di confronto politico-programmatico. Poi affrontiamo assieme le amministrative e chiudiamo questo percorso con le primarie entro la prima parte del mese di luglio”. Un’ultima carta messa sul tavolo. Peccato che in serata Speranza abbia chiuso le porte: “Andiamo avanti sulla strada della costruzione di un nuovo soggetto politico”.