di Fausto Cirillo
La specialità del governo dell’inciucio? Fare annunci, per di più su materie non sono nemmeno di sua stretta competenza. E pensare che quello in carica non è un esecutivo qualsiasi ma invece l’ultima occasione che il sistema si è dato per cercare di arginare una crisi istituzionale ed economica senza precedenti. L’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, che ieri mattina non era nemmeno all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, sarà questa mattina il titolo di apertura di tutti i giornali. Il problema è che non si tratta di una notizia, restando per il momento un semplice auspicio: il testo del decreto, promesso per la prossima settimana, non è infatti ancora stato scritto e manca soprattutto un accordo unanime all’interno della maggioranza. E’ quindi assai difficile che fra pochi giorni gli italiani possano assistere allo spettacolo di partiti bulimici che decidono di staccarsi una buona volta per tutte dalla generosa mammella che li ha sempre abbondantemente nutriti. Siamo ad esempio sicuri che l’improvviso annuncio di Palazzo Chigi abbia raccolto l’unanimità all’interno del Pd? E’ difficile dimenticare come lo stesso Enrico Letta un mese fa si sia rifiutato di firmare in diretta streaming una proposta di legge presentata in tal senso dai parlamentari pentastellati di Beppe Grillo. Per non dire di Pier Luigi Bersani e dei suoi (ormai pochi) fedelissimi, che per settimane sono andati in tv a spiegarci come il finanziamento pubblico fosse una necessaria garanzia di democraticità dell’intero sistema politico. Ormai diviso su tutto, questo partito ritroverà per incanto la sua unità proprio azzerando i fondi che ne sostengono l’apparato? Vorremmo crederci ma non siamo così ingenui. Nuovo referfendum radicale Anche nel Pdl affiorano i primi distinguo. A botta calda è arrivata la dichiarazione di un esponente di primissimo piano come Fabrizio Cicchitto: «Nutro dei forti dubbi sull’abrogazione totale del finanziamento pubblico ai partiti. Come al solito in Italia si passa da un estremo all’altro. Il risultato finale sarà che quattro o cinque lobbies, quale che sia la loro regolamentazione, spadroneggeranno in Parlamento, negli enti locali e nel Paese». Parole che faranno discutere e che esprimono una posizione certo non isolata all’interno del partito. Che dall’annuncio via tweet si possa passare velocemente ai fatti dubitano in molti, in primis i seguaci di Marco Pannella. Per anni hanno denunciato il tradimento del loro referendum, quando il Parlamento decise di truffare i cittadini cambiando la parola “finanziamenti pubblici” in quella di “rimborsi delle spese elettorali”, senza prevedere alcun obbligo di rendicontazione delle stesse. «Aspettiamo di vedere il contenuto del ddl – ha affermato il segretario di Radicali italiani Mario Staderini – perché sono molti i punti da chiarire. Rimarranno i rimborsi elettorali e se sì, saranno limitati a garantire l’accesso di tutti alle elezioni oppure continueranno a essere una forma di finanziamento occulto per i soliti noti? La battaglia radicale contro il finanziamento dei partiti non è mai stata una questione di limitazione della spesa e degli sprechi, bensì una visione diversa del rapporto tra Stato e cittadini che metta al centro la persona e non i partiti. Staremo a vedere. In ogni caso dal 7 giugno siamo pronti a tornare in strada con il referendum abrogativo che abbiamo depositato a aprile».