Angela Merkel lancia l’idea di un’Europa a due velocità e in Italia, da Romano Prodi a Enrico Letta, si riaccende l’entusiasmo europeista. Peccato, però, che per dirla con Giacomo Vaciago “È un discorso vecchio. Un progetto che l’Italia avrebbe potuto sposare in passato – ha detto a La Notizia l’economista – ma di certo non oggi”.
Non crede, quindi, che sia un po’ una sorta di ultima chiamata per l’Europa e un’occasione per la stessa Italia?
Basta leggere il bollettino economico della Banca centrale europea del 2 febbraio scorso per capire che non è così. Il documento mostra proprio come negli ultimi tre anni i diversi Paesi hanno avuto tassi di crescita molto simili. È aumentata, cioè, la convergenza della ripresa in atto. Una ripresa da domanda interna e non legata alla competitività dell’export.
Perché salta fuori questa proposta, allora?
Ci sono diverse variabili in campo. Non dimentichiamo che il 2017 è un anno molto pesante dal punto di vista elettorale. Con Berlino, in primis, ma anche Francia e forse Italia chiamate alle urne. Ecco perché su questo cavallo dell’Europa a due velocità (ammesso che non sia solo un cavallo di Troia) stanno cercando di salire in tanti.
È una sorta di argine ai populisti e, quindi, alle battaglie in Ue per uscire dall’euro?
Esatto. E non è escluso che archiviate le elezioni in un certo modo, questo “pettegolezzo” sulle tante Europa venga abbandonato.
In quest’ottica vanno lette anche le aperture di Prodi?
Nell’ottica del minore dei mali tra la proposta Merkel da un lato e quella di Grillo che potrebbe aprire le porte a un referendum sull’euro, dall’altro.
Ma all’Italia converrebbe stare tra i paesi di testa?
È una proposta che proprio non ha senso da noi. Se in passato avevamo puntato sulla competitività dell’export, infatti, oggi il nostro faro è la domanda interna. Un’Europa a due velocità significherebbe andare indietro. È nostalgia del tempo in cui eravamo primi della classe in molti settori nel made in Italy. Se dovessimo avere bisogno di puntare sul cambio tanto varrebbe uscire dall’euro.
Cosa serve all’Italia e all’Ue?
Guardare avanti. Non serve cambiare progetto (l’euro) con l’impresa che ha iniziato i lavori. A casa nostra occorre puntare sull’industria 4.0 per potenziare la domanda interna.
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