La nuova piattaforma per gli ex percettori del Reddito di cittadinanza è online. Chiara Saraceno, sociologa, ha ragione Tridico quando dice che è solo una vetrina e non può funzionare?
”Dipende, al momento sembra che sia così, poi Tridico ne sa più di me. Intanto la procedura per accedere è macchinosissima, ho provato a guardare i vari passaggi e pensando alle competenze di molti dei percettori non è invogliante e non è semplice. Accedere regolarmente richiede una certa competenza e disponibilità di mezzi informatici adeguati. Questo dato era già venuto fuori con Garanzia giovani, si chiede di fare tutto online a persone lontane dal mercato del lavoro e si rischia di lasciare fuori proprio chi ha più bisogno di essere accompagnato. In più ha ragione Tridico, sembra una vetrina con offerte di lavoro non dinamiche, non inserite dalle imprese. E anche l’offerta formativa è una specie di elenco senza guida, le politiche attive sono un’altra cosa”.
Cioè cosa?
“Significa far consulenza, aiutare a capire cosa fa per te, andare a caccia dei datori di lavoro e vedere le imprese che esigenze hanno. È un lavoro più complesso, qui invece è lasciato tutto agli aspiranti percettori. Poi ci può essere anche una piattaforma, ma dopo e dinamica: prima quello che è necessario è accompagnare e offrire consulenza e offrire alle aziende un lavoro di profilazione che è quello che manca. Non lo faranno i centri per l’impiego né la piattaforma che non è una persona che offre consulenza. Se poi si pensa agli ex percettori del Reddito, credere che le imprese li trovino attraenti non è così ovvio. Occorre un lavoro in termini formativi, anche sul piano formativo la piattaforma è solo un elenco di possibilità senza nesso col mercato del lavoro. Io sto a Canicattì e magari c’è un corso a Milano, e magari non so neanche se ha sbocchi effettivi nel mercato del lavoro. Il rischio è che adesso esplodano i corsi di formazione per avere i famosi 350 euro, ma senza che abbiano effettiva efficacia”.
Aziende e centri per l’impiego non hanno un ruolo diretto nella piattaforma, è un errore?
“Abbiamo tanto criticato i navigator, più che altro perché non avevano – non per colpa loro – rapporti coi centri per l’impiego. Ci vogliono quelle figure lì, possibilmente non chiamandoli navigator. Persone che facciano consulenza, motivazione, legame con le aziende. Invece qui è tutto abbandonato alle piattaforme online. Già i centri per l’impiego non funzionavano bene per il Reddito, qui sembra che siamo arretrati ulteriormente, si pensa di bypassare la cosa facendo la piattaforma per cui gli aspiranti percettori vengono lasciati soli”.
Sembra che il governo usi la piattaforma come alibi per lavarsene un po’ le mani…
“Non mi permetto di dire questo, sono già abbastanza critica verso questo governo. Non so se è un alibi, però è un po’ come chi ha introdotto il Reddito e aveva detto che dovevano esserci meravigliose piattaforme. Questa passione per le piattaforme e per gli algoritmi è diffusa. Ma certamente nel mettere a punto questo nuovo meccanismo – al di là del merito che trovo sbagliato. non dovevano toglierlo il Reddito di cittadinanza – se vuoi puntare sulle politiche attive del lavoro devi farlo sul serio, una piattaforma non è una politica attiva”.
Cosa avrebbero dovuto fare?
“Mettere persone a lavorare su questo, quindi nei centri per l’impiego o dove volevano loro, imparando da quello che esiste in altri Paesi come Francia e Germania, dove hanno sistemi simili ma molto più personale che ci lavora. In Francia, dove hanno una piattaforma del genere, ci sono almeno 5mila dipendenti pubblici che gestiscono i servizi sul versante delle imprese. Qui ci vorrebbe qualcuno che lavori sui percettori. Da noi sono lasciati da soli, si dice loro solo di scegliere dei corsi: dovresti invece incoraggiarli, con qualcuno che ti dia delle diritte, dicendoti quali corsi sono più affidabili o più richiesti”.
Finora sono state presentate poche domande a fronte di 190mila ex percettori a cui è stato sospeso il Reddito di cittadinanza: è dovuto anche a queste carenze?
“Probabilmente c’è anche questo motivo. E anche il fatto che chi percepiva il Reddito doveva avere un Isee fino a 9600 euro, oggi invece il nuovo sostegno prevede un Isee fino a 6mila euro. Un sacco di gente non avrà niente perché sta in mezzo tra le due soglie e già questo abbassa di parecchio la quota: non tutti i fuoriusciti hanno diritto al sostegno. C’è il rischio che meno gente lo chieda, ma c’è anche il rischio che invece si iscrivano a corsi di formazione inventati ad hoc che daranno un reddito a chi li promuove, ma poi i percettori si troveranno con un pugno di mosche”.
A suo giudizio il timore di una bomba sociale nei prossimi mesi è concreto?
“Le proteste stanno già avvenendo, è un rischio che è già presente, non è futuro. Io non mi aspetto grandi sommovimenti di piazza, saranno disperati che protestano e vengono presi a pesci in faccia dalla politica. Ritorneranno nell’economia in nero, anche nella criminalità nelle zone dove c’è. Anche i Comuni si vedranno sopraffatti da richieste di assistenza, senza avere bilanci sufficienti per far fronte. Aumenterà il disagio sociale”.
Secondo lei il governo tornerà sui suoi passi o l’addio al Reddito di cittadinanza è definitivo?
“Non abbandoniamo del tutto le speranze, ma non credo ci sia un passo indietro perché questo governo ha deciso di individuare i percettori del Reddito, in particolare quelli che non hanno figli, come i cattivi, Basta vedere la reazione a quello che è successo a Caivano. C’è anche il rischio che rispondano con qualche altro decreto – speriamo di no – magari con il reato di protesta per il Reddito di cittadinanza”.
In conclusione, crede che la piattaforma per le politiche sarà un fallimento?
“Beh se non viene migliorata sicuramente sì. Se non viene integrata da un maggiore coinvolgimento delle aziende, una maggiore territorialità e soprattutto da misure umane di rapporto con le aziende da un lato e con i percettori dall’altro, almeno legando la formazione alle esigenze del lavoro locale, allora sì”.