Mentre l’Italia è alle prese con la seconda ondata del Covid e con i mille problemi legati alle Regioni che in questi mesi non sono riuscite a potenziare le strutture sanitarie, iniziano a venire al pettine i nodi su quanto accaduto all’inizio della pandemia, quando in alcune zone della Lombardia il virus ha provocato una vera e propria strage. La Procura di Bergamo, la provincia che più ha sofferto per il coronavirus, sostiene infatti ora che l’ospedale Alzano non fu sanificato e che i dirigenti sanitari hanno mentito.
Alla luce delle indagini sinora svolte, gli inquirenti precisano che Francesco Locati e Roberto Cosentina, direttore generale ed ex direttore sanitario dell’Ast Bergamo Est, avrebbero dichiarato il falso “in atti pubblici” quando, nel caso dell’anomala chiusura e riapertura il 23 febbraio in poche ore del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo, scrissero che erano state adottate “tutte le misure previste”, perché in realtà era “incompleta” la “sanificazione del pronto soccorso e dei reparti del Presidio”.
Particolari specificati nel decreto col quale giovedì scorso la Guardia di finanza ha acquisito atti nell’ambito della maxi inchiesta relativa all’ospedale, alla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro e alle morti nelle Rsa. Nella tranche sul pronto soccorso sono quindi indagati per epidemia colposa l’ex direttore del welfare lombardo Luigi Cajazzo (nella foto), l’allora suo vice Marco Salmoiraghi, la dirigente Aida Andreassi, oltre a Locati e Cosentina. Tutti accusati di aver cagionato “un’epidemia colposa, incrementando ed aggravando la diffusione del contagio da coronavirus, con particolare riferimento alle modalità di gestione” dell’emergenza nel “presidio ospedaliero di Alzano” ed al “propagarsi della morbilità nel territorio”, con la “aggravante della morte di più persone”. Sentito come testimone anche il virologo Massimo Galli e acquisite chat, mail e comunicazioni dello stesso Gallera e del presidente dell’Istituto superiore di sanità e membro del Comitato tecnico-scientifico Silvio Brusaferro.
L’ALTRO FRONTE. A indagare sul mancato potenziamento delle strutture sanitarie, che sta creando nuovamente delle situazioni critiche man mano che torna ad alzarsi la curva dei contagi, è invece la Procura della Repubblica di Genova, verificando la condotta tenuta dalla giunta ligure, che con il presidente Giovanni Toti è stata sempre critica verso l’esecutivo giallorosso. Gli inquirenti genovesi hanno iniziato a indagare dopo il caos registrato nei pronto soccorso cittadini davanti al boom di malati di coronavirus. Un fascicolo al momento aperto, come si dice in gergo, per atti relativi e senza indagati.
Numerose le segnalazioni fatte di recente alla Procura da pazienti e medici, lamentando la mancata attuazione dei piani per fronteggiare l’emergenza. Gli inquirenti intendono così capire perché, a fronte di una previsione dell’arrivo della seconda ondata, non siano stati aperti nuovo reparti Covid o non sia stato assunto nuovo personale. Nel mirino degli investigatori ci sarebbe in particolare Alisa, l’Agenzia ligure della sanità, e il procuratore aggiunto Francesco Pinto, che coordina l’indagine, ha acquisito la documentazione sui piani sanitari.