Dopo il sequestro d’urgenza della società Martinina, la società che gestisce il Cpr di via Corelli a Milano, emergono informazioni terribili sulle condizioni dei migranti trattenuti in quel centro. Proprio loro stessi, secondo quanto annotato dai pm, hanno “descritto una situazione al limite dell’infernale”.
Dopo l’ispezione a sorpresa del primo dicembre, i magistrati e i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza hanno sentito almeno 11 migranti: le loro testimonianze “offrono un genuino riscontro in merito alle invivibili condizioni in cui opera il Cpr”.
Nel Cpr di via Corelli condizioni disumane
Un avvocato del Raga, associazione di volontariato, ha raccolto alcuni video poi finiti agli atti dell’inchiesta che ha portato al sequestro preventivo della società che gestiva la struttura, ora sequestrata. “L’hai sentita la puzza o no? Ma questo mangiare, tu lo mangi? Se lo dai a un cane lo butta via, siamo animali!”, si sente dire a un migrante in uno di quei filmati.
Nelle immagini si nota come le persone trattenute nel Cpr lamentassero “aspramente, ad alcuni addetti lì presenti, la qualità pessima del cibo”. Con tanto di “vermi” al suo interno. Per i pm “la condizione in cui versano va avanti da parecchio tempo, condizione rispetto alla quale gli operatori riferiscono di essere impotenti”.
Un altro migrante dice: “Uno ha vomitato! Appena che ha mangiato vedi cos’ha vomitato!? Neanche i cani vivono così!”. Nei video ci sono anche immagini delle condizioni dei bagni, delle lenzuola e dei migranti costretti a dormire per terra.
Secondo quanto scrivono i pm, nel Cpr “le pratiche illecite vengono accettate e in qualche modo promosse”, essendo di fatto “considerate normali”. E così le condizioni degli ospiti vengono addirittura definite dai pm “disumane”. Un medico in Malattie infettive consulente della procura, Nicola Cocco, racconta che “vi era un uso costante e indiscriminato di psicofarmaci, anche senza necessità terapeutiche. Consultando le cartelle cliniche di alcuni trattenuti si vedeva da una parte la prescrizione di questi psicofarmaci e dall’altra la non necessità almeno a fini terapeutici per quanto emergeva dalla cartella clinica”.