Il Sud Africa ha deferito Israele al tribunale internazionale dell’Onu, ma una prima sentenza “cautelativa” potrebbe impiegare due mesi e il processo potrebbe durare anni. Però le stragi di bambini e civili ci sono adesso e nessuno le ferma. Allora a che è servito questo?
Ivan Morelli
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Gentile lettore, è vero: non sarà la Corte Onu a fermare un eccidio di cui sono autori anche l’America e le sue operose serve europee fornendo con premura bombe e copertura diplomatica. Né ci si può aspettare granché dalla Corte, vista la composizione nazionale: la presidente è statunitense; gli altri 14 giudici provengono da Uk, Australia, Olanda, Germania, Francia, Giappone, Giamaica (Paesi allineati con gli Usa), Russia, Cina, India, Brasile, Marocco, Libano e Somalia (gruppo parzialmente fuori dal raggio american-sionista). Ciò detto, il processo segna una svolta storica. Per 76 anni Israele ha goduto di totale impunità, qualunque cosa facesse, ma ora la sua maschera sacrale è caduta ed è apparso il mostro di un regime etnocentrico che mira alla pulizia etnica o allo sterminio del popolo palestinese in nome di ideologie razziste tal quali quelle del Terzo Reich di Hitler, come scrisse l’ebreo Albert Einstein già nel 1948. Checché ne dirà la Corte dell’Onu, i crimini che vediamo ogni giorno hanno distrutto il piedistallo morale dello Stato ebraico. Avrà notato che i difensori d’ufficio d’Israele sono sul chi va là e sempre meno si ode l’arrogante accusa di “antisemita” che scattava ogni volta che si criticava gli atti criminali di Tel Aviv. È il primo effetto. E la verginità, una volta persa, non si recupera.
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