di Stefano Sansonetti
La poltrona, con ogni probabilità, sarà sottoposta a una forte influenza leghista. E non potrebbe essere diversamente, visto che flat tax e superamento della legge Fornero, due capisaldi del programma del Carroccio (con il secondo punto condiviso coi Cinque Stelle), dovranno essere “lavorati” dal ministero dell’economia. Per questo la macchina di via XX Settembre sarà a forte trazione leghista. Ma si tratta pur sempre di una poltrona che scotta, se solo si considerano le sue implicazioni internazionali. Questi sono i motivi per i quali Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini e uomo forte del Carroccio, ci sta pensando non senza qualche fibrillazione. Ambienti leghisti sostengono che lui preferirebbe di gran lunga fare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo peraltro più aderente al profilo di “Richelieu” che sin qui lo ha caratterizzato.
Il nodo – Ma il passaggio a palazzo Chigi deve scontare il mantenimento di tutta una serie di equilibri coi pentastellati non facili da delineare. Per tale ragione Giorgetti potrebbe essere “costretto” ad andare a via XX Settembre. Ma in quale veste? La risposta più scontata chiamerebbe in causa il ruolo di super ministro dell’economia. La vera domanda, però, è un’altra: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarebbe d’accordo nell’assegnare a Giorgetti un ruolo così complicato, che presuppone tra le altre cose la partecipazione agli Ecofin e a tutti i più importanti appuntamenti a Bruxelles? Gli ultimi ministri dell’economia, da Pier Carlo Padoan a Fabrizio Saccomanni, da Mario Monti a Vittorio Grilli, erano tutti accreditati di ampi rapporti internazionali e di un’ottima conoscenza della lingua inglese. Insomma, pur godendo di una stima pressoché generalizzata per le sue capacità, da quest’ultimo punto di vista per Giorgetti il terreno potrebbe essere sdrucciolevole. Per questo il suo possibile approdo a via XX Settembre si combina con altre due delicate partite.
Secondo una prima ipotesi, per oliare i vari ingranaggi si potrebbe procedere a una divisione di compiti al ministero dell’economia, un po’ come fece l’allora Governo Prodi che nominò Tommaso Padoa-Schioppa ministro, con Vincenzo Visco nel ruolo di viceministro con delega pesante alle Finanze (e possibilità di partecipare alle riunioni del Consiglio dei ministri). Un’opzione simile potrebbe agevolare il compito di Giorgetti a via XX Settembre, magari proprio con l’incarico da viceministro. A quel punto, però, diventa difficile immaginare il nome del ministro, magari una figura terza con elevato standing internazionale (ma Lega e Cinque Stelle dovrebbero essere d’accordo).
Non finisce qui – L’altra partita è quella relativa all’individuazione del nuovo Direttore generale del Tesoro. Qui, dopo aver resistito a intemperie di ogni tipo (anche grazie alla protezione di Mario Draghi), sembra definitivamente in uscita Vincenzo La Via, che anzi sarebbe propenso a riallacciare rapporti con la Banca mondiale, istituzione presso la quale aveva già lavorato. Al suo posto dovrebbe andare un altro “sherpa” dagli ampi contatti con Bruxelles, che a quel punto potrebbe fare da “Cicerone” a un Giorgetti ministro. Nelle ultime ore è cominciata a girare la voce secondo la quale l’attuale capo della Direzione sistema bancario del Tesoro, Alessandro Rivera, avrebbe buone chance di fare il salto alla Direzione generale. Ma i giochi sono ancora apertissimi.
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