La vera emergenza in Italia è quella dei salari. Un concetto chiaro ormai da tempo e che viene confermato da tutti i dati: se gli stipendi non crescono, anche la crescita resta ferma al palo. L’inflazione ha reso questo fenomeno ancora più evidente, pesando soprattutto sui redditi fissi da lavoro dipendente.
Gli esercenti e gli autonomi, infatti, possono aumentare i prezzi in caso di caro-vita, ma i dipendenti no perché devono attendere il rinnovo dei contratti di lavoro, che avviene teoricamente ogni tre anni, ma che quasi sempre arriva con netto ritardo, a distanza anche di molti più anni: oggi, infatti, circa la metà dei contratti è scaduta.
Proprio questo è uno dei motivi principali che spinge la Cgil in piazza sabato 7 ottobre, chiedendo che qualcosa sul tema dei salari cambi velocemente, anche per rilanciare il sistema economico italiano.
I salari reali italiani in calo
Il Corriere della Sera analizza alcuni dati sul salario reale, ovvero quello rapportato ai prezzi. I dati Ocse dicono che l’Italia è il Paese in cui sono diminuiti maggiormente nell’ultimo anno: -7,3%. E sugli stipendi italiani già pesava un calo del 2,9% dal 1990 al 2020 (sempre in termini reali).
Un tema di certo legato alla produttività che non cresce più, ormai dalla metà degli anni Novanta. Guarda caso proprio quando le retribuzioni reali hanno smesso di crescere. Secondo i dati Eurostat, dal 2000 al 2020, la media della produttività in Italia è aumentata dello 0,33% l’anno, contro lo 0,94% della Francia e l’1% della Germania.
La produttività e gli stipendi
Teoricamente, se aumentasse la produttività sarebbe più semplice far crescere anche gli stipendi, senza necessità di alzare ulteriormente i prezzi. Ma nonostante una produttività ferma al palo, non c’è comunque mai stata in Italia la tanto temuta spirale prezzi salari. Soprattutto perché i contratti non si sono aggiornati con l’inflazione, in quasi nessun caso. E poi la contrattazione nazionale in Italia è lenta e quella aziendale è minima: solo il 26% delle imprese la applica.
A rimetterci è l’intero sistema, perché più scendono i salari reali e minore è la capacità di spesa delle famiglie. Il che vuol dire una riduzione dei consumi. Problema non di poco conto se pensiamo che il 60% del Pil italiano deriva da consumi interni. E proprio per questo nei prossimi mesi, con i risparmi degli italiani ridotti e la propensione al consumo bassa, si teme un ulteriore rallentamento della crescita.