L’insoddisfazione dei cittadini europei non deriva solo dalla sfiducia nella politica, ma la vera ragione riguarda le condizioni economiche. Peggiorate in tante zone del continente rispetto a 15 anni fa. Soprattutto in Italia, dove la vera crisi è quella dei redditi.
L’ultimo rapporto del Censis sullo stato dell’Unione, anticipato da Repubblica, mostra l’insoddisfazione degli elettori che rischia di tirare la volata ai partiti populisti, soprattutto quelli di destra, alle elezioni di giugno. Il Censis parla di “perdenti”, definendo così chi ha subito “un declassamento sociale” e andrà al voto dopo quello che viene considerato un tradimento “percepito della promessa di miglioramento delle proprie condizioni”.
I redditi in Ue: in Italia i dati peggiori
Il 34% degli elettori, emerge dallo studio del Censis, vive in zone in cui il reddito è diminuito dal 2008 a oggi. L’analisi non riguarda solo il 27 Stati, ma anche le macro-regioni, per un totale di 233 territori. In ben 75 di queste, negli ultimi 15 anni la variazione dei redditi pro capite è stata negativa.
In generale, rispetto al 2008 il reddito disponibile netto per abitante in Ue è salito del 3,1%, ma restano grosse differenze. Tanto che nei 75 territori la variazione è del -8,1%. Aree che si trovano soprattutto in Grecia, Italia e Spagna, ma anche in alcune zone di Francia, Austria, Ungheria, Belgio e Germania.
Tra i 20 territori peggiori ce ne sono 11 in Grecia e 7 in Italia. Un dato chiaro: sono i due Paesi che hanno pagato il prezzo più alto delle ultime crisi economiche. In Italia, in particolare, i redditi sono scesi del 16% nel Lazio, del 14,7% in Umbria, del 14,6% a Trento e in Toscana.
Sul totale dei cittadini europei che ha subito un declassamento sociale, il 39,1% è italiano. In Italia ci sono sei regioni in cui il Pil pro capite, a parità di potere d’acquisto, è inferiore al 75% del Pil pro capite medio dell’Ue. E sono tutte al Sud: Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Sardegna e Molise.
Il ridimensionamento dell’Ue e la scarsa fiducia
Un altro dato evidenziato è quello del ridimensionamento del peso demografico ed economico dell’Ue. Solo 15 anni fa la quota europea del Pil mondiale era pari al 17,7% del totale, mentre nel 2023 è scesa al 14,5%. Così come i cittadini rappresentavano il 6,5% della popolazione mondiale contro l’attuale 5,6%.
Infine, a crollare è anche la fiducia dei cittadini europei nelle istituzioni continentali: meno della metà esprime un parere positivo. In Italia solo il 49% dei cittadini ha fiducia nell’Europarlamento e il 46% nella Commissione Ue. E sembra inevitabile una diretta conseguenza sul voto, con il rischio di un’astensione da record a giugno.