“E mo’?”. La presidente Giorgia Meloni la possiamo immaginare così, con i gomiti appoggiati sulla scrivania a Palazzo Chigi e la testa tra le mani mentre scorre le agenzie di stampa che si moltiplicano nel suo primo vero giorno di governo dove non funziona più nessun ammennicolo narrativo che ha usato fin qui.
Propaganda e promesse tradite presentano il conto. Al Governo la Meloni ha scoperto che la politica vera non si fa a colpi di tweet o di comizi sgolati
I suoi elettori, certo, hanno festeggiato a lungo la sconfitta dei “poteri forti” e la vittoria della loro paladina. Chi fossero i poteri forti, ora che la festa per l’incoronazione è passata, non si è saputo. Di certo non era un potere forte Mario Draghi su cui Meloni si è adagiata fin dalle prime battute, ripetendo benissimo la lezioncina: così è andato in scena l’atlantismo di maniera nonostante un minuto prima fosse da tutt’altra parte insieme ai suoi alleati di governo; poi il contenimento dei costi come dal primo comandamento draghiano (e draconiano) nonostante fino a un minuto prima la responsabilità sui conti fosse una tagliola; le solari strette di mano nonostante la pioggia ai leader europei che ora non sono più i tagliagole delle sovranità nazionali; l’appoggio incondizionato all’Ucraina e Putin che di colpo da modello politico è diventato brutto, sporco e cattivo. Il compitino iniziale di Giorgia non era difficile.
Era urgente solo abbassare i toni, cambiare la mimica svoltando sul sorriso, rassicurare gli antichi nemici facendogli capire che gran parte della propaganda erano solo martellate per arrivare al governo e far passare il messaggio agli italiani che in effetti lo spazio di agibilità politica è veramente angusto, esattamente come dicevano quegli altri che aveva sempre bollato come bugiardi. Fin qui tutto bene.
Poi Giorgia Meloni ha scoperto che la politica, la politica vera, non si fa a colpi di tweet o di comizi sgolati con quattro svitati fascisti in giro per l’Europa ma tocca farla facendo quadrare i numeri. E ai numeri Meloni (come il suo compare Salvini) non ci aveva mai pensato. Così quando tocca tirare le somme per scrivere una finanziaria che accontenti gli elettori ma che non scassi i conti dello Stato, Giorgia è andata in tilt. La sua prima vera scelta politica, quella di recuperare soldi dal taglio delle accise sui carburanti, sta facendo crollare il castello di sabbia. Il risultato è clamoroso. Riavvolgiamo il nastro.
Quando i giornali hanno scritto che dal primo gennaio si sarebbero alzati i prezzi ai distributori di benzina la tattica di Meloni e dei suoi è stata quella di sempre: la stampa mente, nessun disastro in arrivo, lasciateli perdere. Poi è arrivato il 2023 ed è successo quello che si sapeva. Il maremoto comincia qui. Gli elettori, che siano di destra di centro o di sinistra, possono appassionarsi alle battaglie ideali e di propaganda dei loro leader ma perdono facilmente la pazienza quando la politica gli entra nel portafoglio.
E la benzina, per sfortuna di questo pessimo governo, la fanno tutti. Proprio tutti. La prima reazione è da manuale di inettitudine politica. “È colpa della speculazione!”, urlano dal governo in coro. Oh, bene, si potrebbe pensare, hanno trovato un colpevole. Chi è il colpevole? Niente, non è dato saperlo. Sono i poteri forti anche questa volta. S’è incancrenita così tanto a fare opposizione che Giorgia Meloni ormai sa fare solo quello e così ora fa l’opposizione all’opposizione. La scena, ammettiamolo, è gustosa, se non fosse che ci costa tantissimo.
E infatti la scusa non attacca, non funziona.Ne inventano un’altra: “Noi non abbiamo mai promesso di tagliare le accise!”. Ma come? Non passa troppo tempo che riemergono le scenette di Meloni e Salvini che si lamentavano e promettevano. “Che c’entra?”, ci dicono, “quella è campagna elettorale!”. Capito? Stanno dicendo, Meloni e compagnia cantante, che siamo dei fessi a credere alle promesse della campagna elettorale. Mi raccomando, poi chiediamoci il perché dell’astensionismo.
Ma la saga continua. Dicono che non c’era nessun taglio delle accise nel loro programma elettorale e poi spunta il programma elettorale. Sbagliata anche questa. “In campagna elettorale abbiamo sostenuto la necessità di una riforma fiscale che facesse riferimento all’intera tassazione diretta e indiretta per rendere più equilibrato il sistema fiscale a favore di famiglie, professionisti e imprese”, dice il ministro Fratin. Beh, e quindi? Non sono loro a dover fare tutto questo? Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, dice”sì, lo faremo, ma niente fughe in avanti?”. Ma con la promessa non si abbassa il prezzo del pieno.
Insuperabile il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani intervistato a Radio anch’io su Rai Radio 1: “L’opposizione ci dica con quali fondi finanzierebbe il taglio delle accise”. L’opposizione? Ma cos’è, una candid camera? Intanto i benzinai, trattati da speculatori dal partito della presidente Meloni, ovviamente non ci stanno e annunciano lo sciopero. Giuseppe Sperduto, presidente di Faib Confesercenti, Federazione dei gestori carburanti Confesercenti lo dice facile facile: “Non c’è nessuna speculazione, nel momento in cui sono state reintrodotte le accise non c’è stato nessun aumento ulteriore.
Se precedentemente c’è stata qualche poco accorta dichiarazione in campagna elettorale non è certo colpa del gestore che non determina il prezzo”. Qualcuno della maggioranza prova a dire ai benzinai che no, che non ce l’hanno con loro. “E con chi ce l’avete?”, gli chiedono quelli. Nessuna risposta. La maggioranza, sempre più in confusione, prova a buttare la palla in tribuna: “Abbiamo avuto altre priorità”, dice Santanché.
Già: evasori, presidenti di squadre di calcio, lo sappiamo bene. Ne abbiamo già largamente scritto. Si arriva a sera con il voto sul Dl Quater, Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, strilla: “La sinistra falsa vota contro lo sconto delle accise”. Beh, ma loro sono la maggioranza, quindi la norma è passata. E il prezzo della benzina è sceso? No. A difendere Giorgia rimane malinconico il Codacons che per una volta abbandona le pubblicità dei biscotti e Sanremo. Ma Giorgia un miracolo l’ha compiuto: ha ricompattato Pd, M5S, Terzo polo. Tutti insieme. Era lei la chiave per il “fronte largo”. Saperlo prima…