L’incipit è pressoché unanime: con lo psicodramma post-elezioni col quale si ritrova a fare i conti il Pd, in una dinamica così fluida, fatta di possibili (quanto al momento incerti) riposizionamenti, azzardare delle ipotesi è prematuro. La certezza però è che la macchina s’è messa in moto. E la macchina, in questo caso, è quella con la quale il neo rieletto governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, punta a tagliare per primo il traguardo diventando il prossimo leader del partito. Malgrado avesse allontanato le sirene prima del 4 marzo, la settimana scorsa l’interessato ha lanciato la propria candidatura in una lunga intervista a Repubblica, forte dei 341mila voti più di quelli ottenuti dal partito alle Politiche: “Io ci sarò. Anche alle primarie, non escludo nulla”. Di congresso però non se ne parla. Almeno non nel corto raggio, visto che ad aprile l’Assemblea del Pd – dove Matteo Renzi conta 700 delegati – eleggerà quasi sicuramente un segretario di transizione, come fu ai tempi di Franceschini ed Epifani. In questo modo il governatore, che pure ha messo in conto possibili imboscate da parte di chi vorrebbe minarne il cammino, avrà l’occasione di serrare le file. Qualcuno è già uscito allo scoperto, manifestando pubblicamente interesse nei suoi confronti. Ieri, per dire, un pezzo da 90 come Goffredo Bettini ha detto chiaro e tondo che quella di Zingaretti è “una delle personalità che io prediligo”. E anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola, col quale il feeling non è mai mancato, è stato tra i primi a chiamarlo per capire quanto la disponibilità a correre per la segreteria fosse concreta. “Nicola non vuole apparire come il candidato della minoranza e basta”, dice uno che lo conosce bene. Un altro ancora ricorda come, con primarie aperte, “anche il popolo di Liberi e Uguali”, ‘gamba’ della coalizione nel Lazio simbolo della sua capacità di inclusione (complice il lavoro di mediazione del fedelissimo Michele Meta), “potrà far sentire il proprio peso”.
Sguardo ai territori – Zingaretti come noto viene dall’esperienza del Pds, poi Ds. Ed è proprio da quel bacino che andrebbe a pescare. Tanto che qualcuno, ovviamente off the record, tra i nomi che potrebbero sostenerlo scomoda pure quello di Walter Veltroni. Ricordando addirittura l’endorsement che Veltroni fece nel 2012 proprio a ‘Nicola’: “Dobbiamo fare in modo che possa diventare sindaco di Roma rivendicando con orgoglio l’esperienza del Centrosinistra che la città ha vissuto in maniera diretta”. Poi è andata diversamente, con Zingaretti candidato in Regione dopo lo showdown della giunta Polverini. Ma i fatti sono questi. Tra gli altri pronti a sostenerlo, in ordine sparso, ci sono ovviamente Andrea Orlando e Gianni Cuperlo. Senza dimenticare il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, che pure potrebbe ‘scendere in campo’, ipse dixit, “se non ci fossero proposte credibili”. Chi conosce bene i fatti del partito, tiene a sottolineare gli “ottimi rapporti” di ‘Nicola’ con due amministratori locali oggi catalogabili come ‘renziani’. Ovvero Matteo Ricci, sindaco di Pesaro già vicepresidente del Pd, e un altro ex Pds-Ds come Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna (già bersaniano). Sì, perché è proprio dai territori che Zingaretti intende ripartire. E qualcuno, dalla Toscana alla Liguria fino proprio all’Emilia, ha già manifestato interesse, raccontano sempre fonti qualificate. Questo però è il tempo dell’attesa. Nei prossimi mesi ci saranno nuove Regionali (Molise e Friuli-Venezia Giulia) e Amministrative. Poi si comincerà a fare sul serio. Aspettando il 2019.
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