Report nasce televisivamente nell’ormai lontano 1994 su Rai2 come Professione Reporter, in onda in seconda serata, per poi approdare in prima serata su Rai3 nel settembre 1997 col nome attuale definitivo e con la giornalista Milena Gabanelli alla conduzione. Per vent’anni sarà lei il volto della trasmissione d’inchiesta fino a quando, nel marzo 2017, non è subentrato Sigfrido Ranucci, già co-autore del programma insieme alla stessa Gabanelli. Il passaggio di consegne non ha per nulla inciso sul marchio di fabbrica del format, da sempre mirato sull’inchiesta con dedizione e concretezza, oltre che con oggettiva professionalità. E lui, il “conducente”, come preferisce farsi chiamare Ranucci, salta di scoop in scoop non abbandonando mai quell’autoironia e quella pacatezza che lo contraddistingue, pur trattando temi spesso veramente forti e delicati che più di una volta hanno causato querele e denunce al suo programma.
Un aspetto, sicuramente, è cambiato rispetto alla precedente versione di Report: si è lavorato molto di più sul lato social, sul lato prettamente giovane. Maggiore attenzione ai canali d’informazione preferiti dai ragazzi per conquistare una nuova fetta di pubblico, senza perdere però lo zoccolo duro che segue fedelmente il programma da tanti anni. Attenzione: non si tratta di una svolta “pop” bensì di un alternare coscienziosamente inchieste più complesse ad altre più digeribili, anche solo per non appesantire eccessivamente le puntate col rischio di perdere il tasso di attenzione dei telespettatori.
E i numeri che ci fornisce OmnicomMediaGroup, multinazionale che realizza dati e analisi per le più grandi aziende del mondo che pianificano pubblicità in Italia, danno ragione a Ranucci e al suo team: da settembre a dicembre 2019 Report ha tenuto una media di 1.978.534 telespettatori (+6,1% rispetto allo stesso periodo del 2018) con uno share dell’8,3% (+0,70% sul 2018). Puntate come quelle del 21 e 28 ottobre, con i dossier ormai famosi sui soldi della Lega, o del 18 novembre, con il focus sulla cybersecurity, hanno fatto letteralmente il botto superando abbondantemente i 2,1 milioni di spettatori e il 9% di share; ma, guardando la media generale, ci si rende conto che la trasmissione gode di un seguito nutrito, nonostante la concorrenza del lunedì sera sia davvero acerrima tra grosse fiction Rai e campioni d’ascolti come Barbara D’Urso.
Da dove arriva quindi il nuovo pubblico contestato da Ranucci? In primis la classe dirigente, ma un numero consistente di giovani lo segue (catturato anche dall’intensa attività social del programma, diventato una sorta di media company). Non va sottovalutata nemmeno la replica del sabato pomeriggio, in onda dalle 16.35, che totalizza un sorprendente 7,2% di share con 976.702 individui davanti allo schermo. Ulteriore buona intuizione per diversificare l’audience e dare maggiore e più ampio respiro alla proposta del programma. Il profilo sociologico conferma questa tendenza alla diversificazione instaurata negli ultimi due anni: sempre secondo OmnicomMediaGroup, infatti, la media dello share è cresciuta di circa due punti presso il pubblico dei giovani laureati, mantenendosi su buoni livelli anche per quanto riguarda il target 30-45 anni.
Attira inoltre una quota femminile leggermente più elevata di quella maschile (53% femmine, 47% maschi) con l’88% dell’audience che ha più di 45 anni. In termini di share, le regioni con i dati d’ascolto più elevati risultano essere Liguria e Marche mentre Sicilia, Calabria e Campania riportano ascolti più bassi. In sostanza Report è riuscito a conservare lo zoccolo duro del programma attirando però un nuovo target che il lunedì in prima serata sceglie Rai3 quasi esclusivamente per guardare le sue inchieste.