Si chiude un anno complicato per la televisione italiana. Un anno che è stato dominato dalla pandemia Covid-19, che si pensava in qualche modo ridimensionata dalla parentesi estiva e che poi è ripiombata in tutto il suo fragore nella narrazione politica e televisiva autunnale. Un’annata che verrà ricordata per quel cambiamento sostanziale di fare tv che è stato reso necessario dall’evolversi degli eventi e che possiamo sintetizzare in alcuni punti. Con l’irrompere dell’epidemia, la crisi sanitaria e le implicazioni di tipo socio-politico, sia i talk show che i Tg che le altre trasmissioni sono stati sottoposti a una vera e propria trasformazione radicale.
Come primo fenomeno c’è stato il boom dei volti scientifici. Inizialmente sono stati introdotti per far capire al grande pubblico quanto grave fosse la situazione e per decodificare in modo popolare i risvolti dell’evoluzione pandemica; quindi interpellati come elementi di affidabilità scientifico-pedagogico ma in fondo anche di rassicurazione per i cittadini. Poi, con il passare dei mesi, sono diventati veri e propri fattori destabilizzanti, portatori loro stessi di polemiche di natura scientifica e politica che hanno coinvolto eminenti personalità come Burioni, Zangrillo, Bassetti, Galli e altri ancora. Anche la politica, intesa come narrazione parlamentare, ha subito una pesante battuta d’arresto. I proverbiali pastoni dei telegiornali si sono molto ridimensionati e sono diventati quinta o sesta notizia delle scalette, eccezion fatta per le dirette del Presidente del Consiglio con i vari Dpcm, divenuti ormai un vero e proprio genere televisivo.
Di conseguenza, anche le modalità di conduzione si sono modificate come pure le dinamiche: studi vuoti o semi-vuoti, pubblico assente, ospiti in video-collegamento, conduttori in solitaria e tante nuove soluzioni. Insomma, una rivoluzione epocale. È andata bene la Rai, ma anche Mediaset non ha esitato a sconvolgere la programmazione a favore di un’informazione sempre puntuale, così come La7, costantemente sul pezzo. Fra i programmi che sono mutati di più c’è sicuramente La vita in diretta su Rai Uno, la scorsa stagione a doppia conduzione, con Lorella Cuccarini e Alberto Matano (nella foto), da settembre 2020 invece col solo giornalista calabrese al timone. Nato come contenitore di infotainment nel febbraio del 1991, dapprima su Rai Due poi, dal settembre 2000, sul primo canale, La vita in diretta è un rotocalco pomeridiano che racchiude approfondimenti di cronaca e attualità, con collegamenti di inviati che sono diventati negli anni molto noti.
Il format è uno dei capisaldi dell’immaginario televisivo: da qui sono passati big come Lamberto Sposini, Mara Venier, Michele Cucuzza, Franco Di Mare, Paola Perego, Tiberio Timperi, Francesca Fialdini, Cristina Parodi, Alessandro Cecchi Paone, Alda D’Eusanio, Marco Liorni e altri ancora. Un vero pantheon del nostro schermo. In quest’ultima edizione a guida Matano, il programma ha preso una piega più informativa, con maggiore attenzione agli spazi giornalistici in cui esce molto bene la sua esperienza da mezzobusto del Tg1; ma non viene tralasciata la vena pop tipica della trasmissione, con una seconda parte in cui assistiamo a un interessante tavolo al quale partecipano ogni giorno 4 personaggi diversi che parlano di argomenti leggeri ma discussi, con al centro sempre la ricerca della notizia.
E i dati stanno decisamente premiando la scelta autorale: tra settembre e novembre 2020 la media è stata del 15,41% di share, decisamente superiore al 14,10% dello stesso periodo dell’anno scorso (+1,31%). E positivo è anche il confronto con l’antagonista principale, Pomeriggio Cinque su Canale 5, fermo a una media del 14,75% in questi primi tre mesi. Aggiungiamo che le prestazioni sono in salita, visto che settembre era partito col 14,56%, a ottobre si era al 15,4% per arrivare a novembre al 16,08%: un segnale importante quindi per la Rai perché dimostra che si può riposizionare un contenitore senza che il pubblico abbia reazioni negative, anzi. Matano porta con se l’autorevolezza del Tg1 ma anche la gavetta di conduttore di programmi su Rai Tre, rete fiore all’occhiello della Rai: proprio per questo è in grado di parlare all’elite ma anche al grande pubblico popolare.