“Pieno sostegno del governo a questa iniziativa parlamentare promossa dal senatore Zanettin”. Lo ha detto forte e chiaro ieri alla Camera, Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, la cesoia dei 45 giorni per le intercettazioni è una priorità anche del governo. Perché, secondo l’esecutivo di Giorgia Meloni, “qualunque sistema per garantire equilibrio e funzionalità deve porsi dei limiti”. E quei limiti è meglio se li si (im)pone alla Magistratura… Perché “è giusto che anche gli organi inquirenti si pongano dei limiti, che tra l’altro sono evidenti nella nostra Costituzione”.
“I 45 giorni per le intercettazioni sono un tempo congruo”
Per la sottosegretaria, che parlava anche a nome del ministero della Giustizia, colpevolmente assente ieri in aula, “non vi è alcun intento da parte del governo di depotenziare gli strumenti investigativi o la lotta alla mafia. Queste sono accuse strumentali, sono menzogne che respingiamo nettamente – ha aggiunto – Il testo è semplice e chiaro: 45 giorni per le Intercettazioni sono un tempo assolutamente congruo per individuare o confermare indizi di reato”.
Per l’esecutivo “Questo provvedimento che sosteniamo con forza, si inserisce in un complesso di interventi per riformare la giustizia”. E conclude Siracusano, “non ci fermeremo di fronte a manifestazioni, di fronte a scioperi, di fronte a mezzo governo iscritto nel registro degli indagati, di fronte a sentenze politiche”.
Per Costa si deve “preservare il diritto alla riservatezza”
A spiegare la ratio della proposta di legge, ci ha pesato Enrico Costa (ora tornato in Fi), secondo il quale le intercettazioni “affievoliscono il diritto alla riservatezza”. Per difendere il provvedimento di Pierantonio Zanettin, il governo ha ricordato che restano esclusi dalle limitazioni dei 45 giorni i reati di mafia e terrorismo.
Niente intercettazioni per i reati civetta e per i femminicidi
Tuttavia, il problema, è che la tagliola dei 45 giorni scatta anche per reati gravissimi, come violenza di genere, femminicidi, di maltrattamenti in famiglia, abusi sessuali su minori. O per i “reati civetta”, come le estorsioni, che spesso portano a individuare – proprio grazie alle intercettazioni – fattispecie di reato molto più gravi, come l’associazione mafiosa.
“Governo e maggioranza stanno stravolgendo in senso assolutamente nefasto lo strumento delle Intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, che rappresentano il principale mezzo di ricerca della prova, soprattutto a fronte della sempre maggiore complessità delle indagini e dell’utilizzo da parte della criminalità di strumenti tecnologici sempre più sofisticati”, ha ribattuto l’M5s Carla Giuliano.
Che ha spiegato: “Già attualmente il ricorso allo strumento delle Intercettazioni è molto stringente e prevede una serie di requisiti e paletti sottoposti al controllo del giudice. Ancora oggi che arriviamo in quest’aula non sappiamo perché è stato scelto il termine di 45 giorni come durata massima delle Intercettazioni. E non lo sappiamo perché non è stata fatta alcuna verifica”.
Per Giuliano, “il termine è stato indicato letteralmente a casaccio, con l’unico scopo sostanziale di impedire alla magistratura di accertare gravi reati e individuare i comitati illegali di affari, rendendo la vita facile e spianando la strada alle consorterie criminali e alla più diffusa illegalità”.
M5S: da Nordio un lunghissimo elenco di errori
A elencare le tante incongruenza del provvedimento ha pensato invece la capogruppo pentastellata Valentina D’Orso: “Fu il ministro Carlo Nordio a dire che le intercettazioni sono uno spreco di denaro pubblico, affermazione nettamente smentita dai dati ufficiali del suo stesso ministero, secondi i quali le intercettazioni sono numericamente in calo da un decennio, e dal fatto che costano circa 170 milioni, a fronte di sequestri e confische ottenuti grazie ad esse che portano miliardi di euro nelle casse dello Stato”.
“Come dimenticare la sua tristemente celebre frase, in base alla quale ‘i veri mafiosi non parlano al telefono’, peccato che poco dopo il boss Matteo Messina Denaro sia stato arrestato anche grazie alle Intercettazioni”, ha continuato. E ancora: “dal governo si è detto che le intercettazioni ‘sono uno strumento per alimentare la macchina del fango’, ma in Senato il Garante della Privacy ha detto a tutti noi che dal 2020, da quando è in vigore la legge Orlando-Bonafede, nessuna violazione della privacy si è consumata”.
Una sequenza di falsità, insomma, che per D’Orso ha “un obiettivo politico irresponsabile: tenere fuori dagli ascolti i reati contro la PA, corruzione per prima”.
Dopo la sentenza Delmastro, è bagarre anche in Senato sulla separazione delle carriere
E mentre alla Camera si battagliava sull’ennesimo regalo alle mafie, al Senato si consumava lo scontro Esecutivo-Magistratura sulla separazione delle carriere, alimentato sia dall’audizione del presidente dell’Anm Cesare Parodi di giovedì in Commissione Affari costituzionali, sia dagli strascichi della sentenza sul sottosegretario Delmastro. “Se l’Anm continua con il muro contro muro abbiamo finito di discutere – ha detto il presidente della Commissione Alberto Balboni -. Si arrogano il diritto di legiferare. Pensano che siano loro e non il Parlamento a rappresentare la volontà dei cittadini, ma non c’è nessuno articolo della Costituzione a stabilirlo…”.
La prossima settimana si terranno le ultime audizioni, poi verrà dato il termine per gli emendamenti. Al momento non sono allo studio correzioni di rotta. E, in questo clima infuocato, il 5 marzo è in programma l’incontro a palazzo Chigi tra Meloni e il presidente dell’Anm. Preceduto però il 27 febbraio dallo sciopero dei magistrati. E in tanti attendono di vedere quale sarà la partecipazione delle toghe.