A far capire che l’accordo è nell’aria sono ormai molti segnali. L’ultimo è arrivato ieri dal neo amministratore di Telecom Italia, Amos Genish. “Siamo aperti a collaborare con chiunque per aiutare a costruire la spina dorsale di cui c’è bisogno nel Paese”, ha detto il manager israeliano che così ha aperto un’autostrada alla fine della guerra con Open Fiber che sta costruendo la nuova rete per la fibra, e di conseguenza con i suoi azionisti Enel e Cassa Depositi e Prestiti, e in ultima istanza con il Governo del Paese. Più che una collaborazione quella che però si vede ormai a un passo è una saldatura in una nuova compagnia, come ieri è arrivato a ipotizzare il sito Dagospia, sempre molto bene informato su queste vicende.
La “spina dorsale” di cui parla Genish è fatta dalla fibra, dal 5g, dal software e dalle applicazioni, dal b2b. “Tutto questo – ha detto l’Ad Telecom – ha bisogno di più di un player”. Alla specifica domanda se dalla collaborazioen si possa passare alla fusione, Genish non ha risposto, ribadendo che questo “Non è argomento di oggi” e per ora Telecom è aperta alle collaborazioni riguardo alle applicazioni, ai prodotti e agli investimenti. Posizione diplomatica necessaria per coprire un gioco che potrebbe essere scoperto già domani o nel fine settimana direttamente dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, impaziente di mettere il cappello su un accordo che chiude una battaglia molto insidiosa tra colossi industriali, e fa nascere un nuovo soggetto dalle potenzialità economiche rilevantissime, probabilmente una società unica per la fibra e la rete, con una governance mista composta da manager privati (di Tim) e scelti dallo stesso Calenda in base al golden power del Governo.
Tregua necessaria – A mettere fretta per una composizione dello scontro tra Telecom e Open Fiber non è però solo il ministro. La pace preme sicuramente agli azionisti francesi del nostro ex monopolista telefonico. Il gruppo Vivendi guidato dal finanziere bretone Vincent Bollorè sta perdendo oltre un miliardo e mezzo nella campagna italiana che comprende la quota di riferimento in Telecom e una grossa quota di minoranza in Mediaset. Una tragedia sulla quale Bollorè ha trovato un alleato insperato nella smodata ambizione dirigista del presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, che anziché difendere il business della sua azienda ha favorito l’accordo con i francesi, di certo non stracciandosi le vesti per la recente rimozione dell’Ad Tommaso Pompei, evidentemente propedeutica al finale che si sta profilando.