Il 2024 è stato l’anno in cui sono stati uccisi più giornalisti da quando il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) ha cominciato a contarli. Sono 124 giornalisti ammazzati in diciotto Paesi, con Gaza che guida la drammatica classifica con 85 operatori uccisi durante l’offensiva israeliana.
I palestinesi riferiscono che gli operatori dell’informazione uccisi nel 2024 sarebbero almeno 200, tenendo conto dei cameraman, dei tecnici e di altri operatori dell’informazione. Alcuni sono stati assassinati mentre lavoravano, altri mentre si trovavano nelle loro abitazioni con le loro famiglie.
“È il momento più pericoloso per un giornalista nella storia del CPJ”, avverte la presidente del CPJ Jodie Ginsberg. “Inoltre, la detenzione dei giornalisti sta raggiungendo livelli record, evidenziando i crescenti rischi per i reporter e gli operatori dei media”. Secondo il rapporto del CPJ, almeno ventiquattro giornalisti in tutto il mondo sono stati deliberatamente uccisi nel 2024 a causa dei loro reportage. Altri reporter sono stati uccisi ad Haiti, in Messico, in Pakistan, in Myanmar, in Mozambico, in India, in Iraq e in Sudan.
Secondo Ginsberg, il rischio per chi fa informazione è aumentato poiché i governi operano nell’impunità e non sono tenuti a rispondere degli attacchi alla stampa.
Il giornalismo è sotto attacco, non solo per le bombe e le pallottole. Il logoramento delle democrazie ha bisogno di silenzio e cecità per rompere gli argini della propaganda. Quei morti sono un attacco a chi scrive ma anche a chi legge. Forse, per rendersene conto, servirebbero i funerali collettivi, oltre ai festival.