Sono tutti pacifisti. Almeno ora, che i sondaggi evidenziano come questo tema possa diventare centrale nella scelta degli elettori in vista delle europee di giugno. Così tutti provano a ergersi a paladini della pace nella speranza di ottenere qualche voto in più, in un momento in cui le crisi internazionali fanno temere un’ulteriore escalation, soprattutto in Medio Oriente e Ucraina.
Il sondaggio di Euromedia Research per la Stampa certifica che il tema della pace viene considerato una spinta per andare a votare o per votare un determinato partito per ben il 31,9% degli italiani, che ritiene proprio questa questione la “motivazione principale” per decidere se e chi votare. Il 48,6% ha altre priorità, certo, ma il dato resta particolarmente significativo. Tanto più di fronte al timore degli italiani di una guerra mondiale: un rischio concreto per il 60,3% degli intervistati.
La pace per ottenere voti: così anche il Pd si riscopre anti-bellicista
E allora, di fronte a questi dati, la pace non può che diventare un tema fondamentale in campagna elettorale. Non solo per chi, come il Movimento 5 Stelle, da tempo rimarca questo concetto, tanto da puntare – non senza polemiche – a inserire la parola “pace” nel simbolo presentato per le europee. Perché ora che anche i sondaggi dicono che questo posizionamento può portare voti, allora anche gli altri si accodano.
C’è la Lega, con Matteo Salvini che ogni tanto prova a rivendicare la sua indole pacifista (soprattutto sull’Ucraina), nonostante abbia sempre votato a favore dell’invio delle armi e nonostante voglia candidare alle europee un generale come Vannacci. Ma soprattutto c’è il Pd, sempre diviso tra due anime. Perché se da una parte c’è la segretaria, Elly Schlein, che ha voluto inserire nelle liste delle europee alcune figure esplicitamente pacifiste – come Cecilia Strada e Marco Tarquinio – dall’altra c’è un pezzo di partito che è sempre stato a favore dell’invio di armi e che sul tema sembra più vicino al ministro della Difesa, Guido Crosetto, che non a chi è contro ogni guerra.
Le candidature di Strada e Tarquinio servono quindi a tentare di attirare i voti pacifisti in un partito dilaniato non solo dalle liste, ma anche dalla questione del simbolo: alla fine Schlein ha ceduto alle proteste interne e ha deciso di non inserire il suo nome nel logo. “Mi è sembrata un’idea più divisiva che rafforzativa”, ammette.