Mezzo mondo lo condanna per l’invasione criminale dell’Ucraina, mentre l’altra metà inspiegabilmente lo osanna. È il surreale destino di Vladimir Putin che avrà pur trovato un nemico nell’occidente ma ha scoperto anche che molti leader – in modo più o meno velato – solidarizzano con lui e sono pronti a prenderlo come modello da seguire.
Così mentre Mariupol è stata bombardata senza pietà dall’aviazione russa in diretta televisiva neanche fosse una partita di calcio, nel silenzio più totale dei media occidentali il suo amico/rivale Recep Tayyip Erdogan ha martellato il Kurdistan, l’alleato Xi Jingping ha fatto sorvolare dai suoi caccia l’isola indipendente di Taiwan e, per non farsi mancare nulla, la Serbia del suo ‘fan’ Aleksandar Vučić ha pensato bene di minacciare il Kosovo.
Insomma sembra proprio che tanti piccoli Putin stiano trovando il coraggio di mostrarsi al mondo, con una serie di azioni che stanno minacciando la pace globale.
Insomma a poco a poco diverse ‘operazioni speciali’ stanno esplodendo – o riesplodendo – in varie parti del pianeta, come se l’azione dello zar ha in qualche modo dato vigore a quei leader che evidentemente da tempo aspettavano il pretesto giusto per poter effettuare il più classico dei regolamenti dei conti.
La Serbia minaccia il Kosovo
L’ultimo tassello di questo preoccupante crescendo di tensioni è apparso in tutta la sua chiarezza durante il duro scontro all’Onu tra la delegazione della Serbia e quella del Kosovo.
Tra i due Stati, come noto, non corre buon sangue. Anzi dipendesse da Belgrado, non esisterebbe neanche uno stato kosovaro con capitale Pristina.
Così questi vecchi dissapori che sembravano dimenticati, stanno tornando ad infuocare i balcani tanto che ieri alle Nazioni Unite lo scontro è stato violentissimo con le due delegazioni che se le sono date di santa ragione accusandosi a vicenda di voler minare la stabilità dell’area e di fare di tutto per sabotare ogni trattativa.
Ed è nel pieno di questa discussione dai toni accesi che il ministro degli Esteri serbo, Nikola Selakovic, al suo omologo kosovaro, Donika Gervalla, ha detto parole che, alla luce di quanto sta succedendo nel resto del mondo, hanno fatto raggelare il sangue ai presenti: “Vučić è anche il vostro presidente, signora Gervalla, e dovete mostrare rispetto quando parlate del presidente del vostro Paese”.
Insomma il Kosovo per i serbi non è un’entità statale indipendente ma è cosa loro. Che il suo pensiero sia questo lo ha precisato poco dopo quando ha aggiungo che la verità è che il “cosidetto Kosovo” a suo dire “è il risultato di un movimento separatista, di attività terroristiche e di narcotraffico”.
Ma c’è di più. Selakovic insiste e attacca: “Gervalla parla di macellai dei balcani, ma non ricorda che i veri macellai dei balcani sono l’ex cosiddetto presidente kosovaro Hashim Thaci e l’ex cosiddetto presidente del parlamento Kadri Veselj, entrambi attualmente detenuti all’Aja nel carcere del Tribunale per i crimini di guerra dell’Uck” ossia l’Esercito di liberazione del Kosovo che combattè contro le forze serbe di Slobodan Milosevic nel conflitto armato del 1998-1999.
Bisogna agire prima che sia troppo tardi
Il problema è che nel mondo antecedente all’invasione Ucraina, simili frasi sarebbero state bollate come boutade. Ma ora non si può di certo restare sordi davanti a tante piccole provocazioni che – in modo sinistro – sembrano collegare questa crisi dei balcani e quella che vede la Russia aggredire l’Ucraina.
In primis Belgrado non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, un po’ come Putin non riconosce quella di Kiev. Non solo. Nel nord del Kosovo ci sono ampi territori che si sentono legati alla Serbia e che chiedono di essere ‘assimilati’ similmente a quanto già visto in Donbass.
Movimenti popolari che negli ultimi giorni a Kosovska Mitrovica, cittadina nel nord del Kosovo, hanno visto scendere in piazza moltissime persone per manifestare contro il premier di Pristina, Albin Kurti, brandendo cartelli in cui si poteva leggere: “Crediamo solo al presidente Vučić”. Per non parlare del fatto che se Putin dice di voler colpire i nazisti a Kiev e Erdogan di attaccare i terroristi nel kurdistan, Vučić sembra concettualmente volersi allinearsi ad entrambi.
Che il rischio esista è evidente visto che la Serbia da mesi ha spostato truppe al confine, con movimenti aumentati negli ultimi giorni che non lasciano preludere a nulla di buono.
Una situazione che ricorda, ancora una volta, quanto già visto in Ucraina e per questo, onde evitare di ripetere gli errori del passato, l’occidente non deve attendere che la situazione degeneri ma intervenire prima che ciò accada salvaguardando la pace.