Dalla Redazione
Un Paese sempre più spaccato tra Nord e Sud. E’ l’immagine dell’Italia emersa dal rapporto Svimez (dell’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno). “Il sud scivola sempre più nell’arretramento” spiega lo studio. Il Pil del Meridione nel 2013 è, infatti, crollato del 3,5% contro l’1,4% del Nord. Dall’inizio della crisi (cioè dal 2008) poi il Mezzogiorno ha bruciato il 13,7% del suo prodotto interno lordo. Un tracollo per l’economia meridionale.
E’ più che raddoppiato il numero di famiglie del Sud che versa in condizioni di povertà assoluta. Tanto che, secondo Svimez, il Meridione rischia la “desertificazione industriale e umana, dove si continua a emigrare, non fare figli e impoverirsi: in cinque anni le famiglie assolutamente povere sono aumentate di due volte e mezzo, da 443mila a 1 milione e 14mila nuclei”. Al minimo storico anche gli occupati, che sono solo 6 milioni. “Le tendenze più recenti segnalano che al Sud si concentra oltre l’80% delle perdite dei posti di lavoro in Italia” spiega il rapporto.
E la scarsità di lavoro ha aumentato le migrazioni verso Nord di famiglie e individui e ridotto le nascite. “In dieci anni, dal 2001 al 2011 sono migrate dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord oltre 1 milione e mezzo di persone -sottolinea lo studio- di cui 188 mila laureati. Il tasso di fecondità al Sud è arrivato a 1,34 figli per donna, ben distanti dai 2,1 necessari a garantire la stabilità demografica, e inferiore comunque all’1,48 del Centro-Nord”.
Mentre il Sud piange il Nord respira. Nell’ultimo periodo il Settentrione ha registrato una lieve ripresa. “Nel 2014 il Pil del Nord dovrebbe crescere del 1,1%”. Crescono i consumi delle famiglie (+0,3% nel 2014, mentre al Sud calano dello 0,5%). Dal punto di vista dei posti di lavoro il nord segna un +0,2%. Italia unita, invece, nel crollo degli investimenti, al Nord sono scesi dello 0,4%, al Sud dell’1,1%.
Secondo Svimez se la situazione economica del Mezzogiorno dovesse mantenersi su questi, drammatici livelli, il Sud sarà oggetto di uno “stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili” ed è destinato “a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%”.