di Carmine Gazzanni
Costretti alla precarietà, ricompensati con pochi spiccioli, senza pensione e costretti a recarsi a lavoro anche se malati. E ora anche tagliati. Pesantemente. Quella sui giudici di pace è una vera e propria scure. Una mannaia senza precedenti. Oltre due terzi degli uffici, infatti, sono stati tagliati da una direttiva del ministero della Giustizia.
LA TAGLIOLA
Ma andiamo ai numeri per capire il volume di cui stiamo parlando. Il dicastero di Andrea Orlando ha deciso di far restare in piedi 201 uffici e di tagliarne (o accorparli) ben 475. Come detto, parliamo di oltre due terzi degli uffici dei giudici di pace soppressi. Con conseguenze, specie in alcune province, incredibili. Fino a ieri la provincia di Vibo Valentia contava 7 uffici. Dal 10 novembre non ne è attivo più nemmeno uno. Ergo, secondo i dati del Csm, gli 8 giudici di pace in organico rimarranno a spasso, a meno che non si trasferiscano a lavorare in un’altra provincia. E ancora l’enorme distretto di Palermo (che raccoglie anche le province di Agrigento e Trapani): solo 12 uffici si salvano dalla scure su 32. Situazione simile anche a Reggio Calabria, dove restano “in vita” solo 4 uffici mentre 12 sono stati chiusi. Non che al Nord, poi, sia diverso. Anzi, tutt’altro. Prendiamo il vasto distretto di Milano (che comprende anche le province di Pavia, Sondrio, Varese, Lecco): rimarrà attivo soltanto un ufficio. E quanti chiuderanno? Ben 21. Situazione simile anche nella capitale: chiuderanno 26 uffici, sui 33 esistenti fino a prima del decreto ministeriale del 10 novembre.
BLOCCO TOTALE
Nel silenzio assoluto, dunque, si abbatte sui giudici una tagliola incredibile. A nulla sono servite le denunce dell’UNaGiPa (Unione Nazionale Giudici di Pace) che, a questo punto, si prepara alla guerra. L’11 novembre, infatti, il segretario generale Alberto Rossi ha inviato una lettera a Orlando e Matteo Renzi. Il discorso è molto chiaro: “nel deprecato caso di mancata convocazione entro 5 giorni dal ricevimento della presente, la scrivente organizzazione accentuerà le iniziative di protesta, proclamerà le conseguenti astensioni, ed avvierà azioni giudiziarie, anche a livello internazionale, contro il Ministero della Giustizia e lo Stato Italiano”. Il rischio è tutt’altro che irrisorio.
UNA MOLE DI LAVORO
Basti questo: dal 1995 al 2011 i giudici di pace hanno definito ben 23,5 milioni di cause civili e penali. Nel civile, soltanto nel 2011 i magistrati impegnati negli uffici di pace si sono visti piovere addosso un milione e mezzo di nuovi procedimenti, a fronte dei 389.390 iscritti nei Tribunali. Un apporto fondamentale, dunque. Ma, nonostante questo, il governo ha deciso di tagliare. Quello stesso governo autore proprio della riforma riguardante i procedimenti civili. Come farà Renzi senza l’apporto di chi fino ad ora si è immerso nelle varie scartoffie civili, resta un mistero.