Ad un passo dal traguardo. La riforma targata M5S, che taglia il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200, ha incassato ieri a Palazzo Madama il terzo dei quattro via libera (leggi pezzo in alto) richiesti dall’articolo 138 della Costituzione. Dopo l’ultimo passaggio a Montecitorio, atteso al più tardi entro settembre, e al netto dell’esito del possibile referendum confermativo, la scure calata sui seggi parlamentari si tradurrà anche in un cospicuo risparmio per le casse di Camera e Senato. Ma di che cifre stiamo parlando?
Attualmente, in base ai bilanci di previsione 2019 dei due rami del Parlamento, tra indennità e rimborsi vari, le spettanze dei deputati e dei senatori in carica, gravano sulle tasche del contribuente per circa 224 milioni di euro l’anno: 144,8 alla Camera e altri 79,7 al Senato. Riducendo gli scranni di un terzo, come punta a fare il ddl costituzionale – il cui iter parlamentare è seguito a vista dal ministro Riccardo Fraccaro – la spesa scenderebbe a 91,9 milioni (-52,8 milioni) a Montecitorio e a 50,6 milioni (-29,1 milioni) a Palazzo Madama. Con un risparmio complessivo di 82 milioni di euro l’anno, 410 milioni nell’arco di una legislatura.
Risparmi che andrebbero ad aggiungersi a quelli già archiviati con il ricalcolo retroattivo dei vitalizi di ex onorevoli e senatori disposto dalle delibere approvate l’anno scorso da Camera e Senato e in vigore dal primo gennaio. Stando sempre ai bilanci di previsione, la misura produrrà un taglio di 45,6 milioni di euro a Montecitorio e 22,2 milioni al Senato: in totale, 67,8 milioni di euro all’anno, 339 milioni a legislatura. Somme, tuttavia, accantonate al momento in un apposito fondo istituito prudenzialmente in attesa che si definiscano gli oltre mille ricorsi presentati agli organi di giurisdizione interna dagli ex parlamentari per impugnare le delibere. Ma non è tutto.
Annunciata da Luigi Di Maio, potrebbe arrivare a breve un’ulteriore proposta di legge per ridurre le indennità parlamentari. Nella passata legislatura, l’idea era di dimezzarle. Se confermata si otterrebero ulteriori risparmi per 25,8 milioni alla Camera e 13,3 al Senato: in tutto 39,1 milioni all’anno (195,5 a legislatura). Totale complessivo 944,5 milioni in cinque anni.