Nel 2023 cade un anniversario del quale non c’è da andare particolarmente fieri: la Lombardia “celebra” trent’anni dal primo scandalo scoperto nella sanità. Era il 1993, infatti, quando nell’ambito nel ciclone Tangentopoli, finisce Duilio Poggiolini (nella foto), presidente della Commissione Farmaci di quella che allora era ancora la Cee.
La Lombardia “celebra” trent’anni dal primo scandalo scoperto nella sanità. Nel ’93 il caso Poggiolini. Ma sarà solo il primo di una lunghissima serie
Poggiolini, tessera 961 della P2, secondo il pool di Mani Pulite, era nel libro paga delle case farmaceutiche per fare inserire i loro farmaci nei prontuari, manipolando i prezzi. A ricostruire la cronologia degli scandali nella sanità lombarda, è l’Ambulatorio Medico Popolare (Amp), un’associazione nata nel 1994 a Milano in difesa del diritto alla salute. Ripercorriamo le tappe principali.
Nel 1995 Formigoni diventa presidente della Lombardia. Due anni dopo, vara la sua riforma sanitaria. Con la scusa di rendere più efficiente il sistema pubblico e favorire una “sana concorrenza” con i privati, il “Celeste” equipara i due settori. Lo stesso anno, un’inchiesta coinvolge centinaia di medici di famiglia che prescrivevano scintigrafie presso le strutture convenzionate di proprietà di Giuseppe Poggi Longostrevi dietro compenso. Secondo l’accusa, molti esami non vennero nemmeno effettuati. In compenso, fioccavano i rimborsi da parte della Regione.
La Corte dei Conti stimò i danni causati all’erario in 60 miliardi. Poggi Longostrevi tra il 1996 e il 1997 aveva pagato una mazzetta da 72 milioni di lire a Giancarlo Abelli, allora presidente della Commissione Sanità in Regione. Dopo lo scandalo delle ricette, Abelli ottenne la poltrona alla Sanità. Nel 2008 scoppia lo scandalo della Clinica Santa Rita, presto ribattezzata “clinica degli orrori”. Sul tavolo degli inquirenti una novantina di casi di operazioni risultate inutili (con morte di alcuni pazienti) o fatte unicamente per poter gonfiare i rimborsi regionali.
A febbraio 2011 scoppia il crac del San Raffaele. A novembre viene arrestato Pierangelo Daccò: l’ipotesi degli investigatori è che ricevesse denaro in contanti dal braccio destro di Don Verzè, Mario Cal (morto suicida), distraendoli dall’ospedale attraverso fatture gonfiate. Il nome di Daccò è legato anche all’inchiesta sui fondi neri della Regione alla clinica Maugeri (70 milioni di euro sotto forma di consulenze e finti appalti), che porterà in carcere anche Formigoni.
Tra i finti contratti di ricerca che sarebbero stati pagati dalla Maugeri a Daccò anche uno studio sulla presenza di vita su Marte. A febbraio 2013 il leghista Roberto Maroni viene eletto governatore. Nel 2015 il Consiglio regionale dà il via libera alla sua riforma sociosanitaria. Nel 2016 scattano 21 arresti per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla corruzione e alla turbativa d’asta per i servizi odontoiatrici esternalizzati in Lombardia. Finiscono in carcere Fabio Rizzi (segretario provinciale del Carroccio di Varese dal 2006 al 2008, e senatore dal 2008 al 2013) e Mario Valentino Longo.
I due sarebbero stati pagati dal gruppo imprenditoriale al centro dell’inchiesta con il finanziamento della campagna elettorale di Rizzi per le elezioni regionali del 2013. Arriveranno poi gli scandali camici e mascherine. Per i primi il governatore Fontana sarà assolto. Nel secondo caso una sentenza ha scagionato due imputati trasformandosi in un atto d’accusa contro la Regione Lombardia. Due imprenditori erano stati accusati di frode per aver ricevuto da Aria spa di Regione Lombardia 7 milioni di euro per oltre 2 milioni di mascherine e dispositivi mai arrivati nella fase acuta del Covid. Secondo il Tribunale di Milano la Regione non sarebbe stata vittima di “una truffa internazionale” ma autrice di una “gestione del tutto disordinata”.