La Corte europea dei diritti dell’uomo mette nel mirino la Riforma Madia con cui nel 2016 il Governo Renzi aveva deciso e attuato l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri (ma anche nei Vigili del Fuoco e nella Polizia), militarizzandone coattivamente il personale civile – che fino a quel momento era stato alle dipendenze del Ministero dell’Agricoltura e della Foreste e non della Difesa – e cancellando di fatto uno storico Corpo impegnato nella tutela del territorio.
La Riforma Madia nel mirino della Cedu per l’assorbimento del Corpo Forestale nell’Arma dei Carabinieri
Tra le questioni di merito, addotte dalla Cedu c’è la violazione di alcuni dei diritti fondamentali riconosciuti dalla stessa Corte europea e del principio di non discriminazione. Con una decisione comunicata l’8 febbraio scorso, la Cedu ha infatti deciso di invitare il Governo italiano a difendersi dalle accuse di violazione mosse da oltre un migliaio di agenti dell’ex Corpo Forestale colpiti dalla Riforma Madia.
“A seguito del contenzioso introdotto in Italia e della sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 10 luglio 2019, che aveva rigettato le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito alla Riforma – spiega l’avvocato sannita Egidio Lizza, che segue il contenzioso – è stata interessata della vicenda la Corte di Strasburgo, che ora ha invitato il Governo italiano a esporre le sue difese scritte e a valutare l’opportunità di una risoluzione della vicenda, attraverso l’ammissione esplicita delle violazioni denunciate e un risarcimento pro capite che le possa compensare”.
“Ciò su cui la Corte europea è chiamata a decidere – conclude il legale Lizza – è una questione giuridica che coinvolge in modo preponderante un tema di sensibilità culturale. La Corte Costituzionale italiana ha ritenuto che l’interesse ad un risparmio di spesa, stimolato dall’accorpamento della Forestale con l’Arma dei Carabinieri, dovesse prevalere sul diritto, garantito a ogni altro cittadino italiano, a liberamente determinarsi in ordine alla decisione se acquisire o meno lo status di militare. Questo, a nostro avviso, crea una evidente discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo ed è in questa direzione che prosegue, in Europa, la nostra battaglia legale”.
Tra le contestazioni c’è la violazione di alcuni dei diritti fondamentali riconosciuti dalla stessa Corte europea
Secondo i quesiti addotti dalla Cedu, in particolare, la Riforma Madia avrebbe creato, in danno degli ex agenti del Corpo Forestale, una discriminazione rispetto agli altri cittadini italiani, in merito all’acquisizione dello status militare. E ancora: se è stata violata la loro libertà di associazione, a causa del trasferimento alle Forze di polizia con status militare e se le restrizioni subite fossero legittime e necessarie; se, comunque, esisteva una effettiva possibilità di scegliere di non essere trasferiti ad un Corpo di polizia militare e se, in particolare, i ricorrenti abbiano avuto l’alternativa di trasferirsi verso un’amministrazione civile; se, infine, l’ordinamento interno abbia offerto o meno un rimedio effettivo per le doglianze in seguito prospettate alla Corte europea.
I sindacati del Cfs: “Seguiremo attentamente gli sviluppi al fine di far ammettere al Governo il fallimento di quella scellerata riforma”
“Seguiremo attentamente gli sviluppi al fine di far ammettere al Governo italiano il fallimento di quella scellerata riforma e per far riconoscere ai ricorrenti un equo e doveroso risarcimento per la militarizzazione subita coattivamente” hanno commentato gli ex sindacalisti del Corpo Forestale dello Stato, Danilo Scipio, Marco Moroni, Federico Menichini, Ezio Di Cintio e Maurizio Cattoi