Sei giorni di sospensione. È il “castigo”, o “pena”, o “vendetta” (ognuno scelga il temine più adatto) deciso dai vertici Rai ai danni di Serena Bortone, quale sanzione per la sua denuncia via social della censura subita da Antonio Scurati per il monologo sul 25 Aprile e Giorgia Meloni, che lo scrittore avrebbe dovuto leggere a “Che sarà…”.
Bortone sospesa e programma chiuso
Per quella denuncia, Bortone era stata sottoposta a procedimento disciplinare. Nelle scorse settimane, alla Festa del Foglio, l’ad Rai Roberto Sergio aveva affermato che a suo parere la giornalista avrebbe meritato il licenziamento: “A nessun dipendente di nessuna azienda sarebbe consentito di dire cose contro l’azienda in cui lavora”, aveva detto il manager meloniano. È stato esaudito solo in parte. A scanso di equivoci, “Che sarà…” è stato cancellato dai palinsesti della prossima stagione e Bortone sarà relegata a condurre un programma il sabato sera su Rai3, incentrato su temi culturali, ma ancora non ci sono certezze.
“Telemeloni senza freni”
“Una brutta pagina per la Rai, una brutta pagina per il servizio pubblico che sanziona una sua professionista per aver contestato un’ingiusta imposizione”, scrivono i parlamentari Pd della commissione di Vigilanza Rai, “Chi dovrebbe essere sanzionato per aver messo il bavaglio a una voce libera agisce ancora liberamente e indisturbato nella definizione delle scalette dei programmi e lo fa con una visione di parte per allisciare il pelo a governo e maggioranza. Questa è ‘TeleMeloni’, questa è la televisione di regime che non ha più niente a che fare con il servizio pubblico: sanzionano voci libere, premiano gli amichetti”. “Questo di Telemeloni ormai è un gruppo dirigente senza freni”, rimarca Sandro Ruotolo.
Punizioni a parte, è ancora vivissima la eco delle assunzioni di figli di amici di alti papabili Rai, tutti rigorosamente targati Fdi o (ex) CasaPound. Ieri i membri della commissione di Vigilanza Rai di M5s, Bevilacqua, Carotenuto e Orrico, hanno depositato un documento che interroga direttamente Sergio e il Dg Giampaolo Rossi (meloniani di ferro), sulla vicenda.
L’interrogazione M5s in commissione di Vigilanza Rai
Nel testo, i parlamentari chiedono ai due (in particolare a Rossi, che ha le deleghe in materia di gestione del personale) perché la Rai abbia voluto “avvalersi di una società di reclutamento del personale (Adecco) quando le selezioni di personale dovrebbero essere pubbliche e gestite internamente”. E perché proprio Adecco? Aggiungono. E quanto è costata questa esternalizzazione, decisa nonostante il parere contrario dei sindacati”?
E ancora, “chi controlla come fa la selezione Adecco, quali e quanti curricula pervengano, come vengano valutati e da chi, anche rispetto alla corrispondenza dei soggetti selezionati ai profili richiesti”, si chiedono i pentastellati. Il timore è che il ricorso ad una società esterna possa configurarsi come “un artificioso espediente per aggirare i principi di evidenza pubblica, trasparenza, efficienza, efficacia, merito e parità di trattamento” previsti dal Piano triennale anticorruzione per le assunzioni. E, naturalmente, se corrisponda a verità che il neoassunto con stipendio da funzionario, sia realmente il figlio di “Giovanni Tarquini, amico storico di Sergio”.
E se è altrettanto vero che l’altro assunto è “Ferdinando Colloca, alias “mr Ferdy il guru”, body painter e dj, già esponente di Casapound ad Ostia, candidato con il movimento neofascista alle Regionali e legato per motivi di affari alla famiglia Spada, di cui fa parte quel Roberto che rifilò una testata a un giornalista del servizio pubblico, Daniele Piervincenzi”.
Ieri, durante il question time il ministro Adolfo Urso si è chiamato fuori della querelle, riferendo che sarà l’audit interno all’azienda (annunciato da Sergio) a fare luce sulla vicenda. Speriamo che sia un audit veloce, come quello che ha “castigato” Bortone e non un audit lumaca, come quello che Viale Mazzini ha aperto sette mesi fa sulle ingiurie di Michele Guardì, del quale si sono perse le tracce.