Dimezzare lo stipendio di tutti i parlamentari per contribuire ad affrontare l’emergenza coronavirus. La proposta arriva dal capo politico del Movimento 5 stelle, Vito Crimi. Un sasso nello stagno lanciato proprio nel giorno in cui il Garante M5s, Beppe Grillo, prefigura un Paese ideale in cui tutti, a prescindere dal censo, possano godere di un reddito universale. L’invito è nelle corde del Movimento cinque stelle, tanto che subito è arrivato il sostegno di tutti coloro che appartengono alla galassia pentastellata, a partire dai big. “In questa guerra contro il coronavirus tutti stanno facendo sacrifici enormi. E deve valere anche per la politica. Il buon esempio vale più di un quintale di parole”, ha scritto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Ma dietro la proposta non c’è soltanto un dovere morale visto il periodo di crisi economica che molto probabilmente ci aspetta, ma anche una ragione prettamente economica.
Numeri alla mano, infatti, il dimezzamento delle indennità parlamentari (proposta peraltro già avanzata nella scorsa legislatura da Roberta Lombardi) porterebbe a un risparmio di 5 milioni 552mila euro al mese (66 milioni l’anno, 330 a legislatura). Non proprio bruscolini, insomma. C’è infatti da precisare che l’indennità per i deputati è pari a 12.434 euro lordi, quella dei senatori a 10.385 euro. Basta dimezzare di netto tali stipendi (6.217 euro nel primo caso, 5.192 nel secondo) e moltiplicare per 630 deputati e 315 senatori, che si arriva alla mastodontica cifra, che ovviamente potrebbe essere investita nell’emergenza. E potrebbe essere, questo solo il primo passo di una serie.
Se infatti le proposte lanciate dal Movimento (dal taglio dei parlamentari a quello dei vitalizi) diventassero realtà, i risparmi – e dunque i successivi investimenti – sarebbero molto più alti. Come già documentato da La Notizia, attualmente, in base ai bilanci di previsione 2019 di Camera e Senato, tra indennità e rimborsi vari, le spettanze dei deputati e dei senatori in carica, gravano sulle tasche del contribuente per circa 224 milioni di euro l’anno: 144,8 a Montecitorio e altri 79,7 a Palazzo Madama. Riducendo gli scranni di un terzo, come punta a fare il ddl costituzionale già approvato e su cui si attende il verdetto del referendum costituzionale (per ora rinviato a causa dell’emergenza coronavirus) la spesa scenderebbe a 91,9 milioni (-52,8 milioni) alla Camera e a 50,6 milioni (-29,1 milioni) al Senato. Con un risparmio complessivo di 82 milioni di euro l’anno, 410 milioni nell’arco di una legislatura. Risparmi che andrebbero ad aggiungersi ai tagli già effettuati sui vitalizi, 45,6 milioni di euro a Montecitorio e 22,2 milioni al Senato: in totale, 67,8 milioni di euro all’anno, 339 milioni a legislatura. Somme che di questi tempi sarebbero certamente utili.