di Vittorio Pezzuto
Il Day After della decadenza di Berlusconi suscita in Michaela Biancofiore «un affetto assoluto e sincero nei suoi confronti. Una volontà quasi di proteggerlo da tutte le torture morali alle quali è stato sottoposto in questi vent’anni da avversari sia politici sia istituzionali. E prevale soprattutto una grande delusione, per non dire di peggio, nei confronti dei veri fautori di questa decadenza: Alfano e i nostri fuoriusciti».
Questa vicenda segna comunque la fine di un ciclo?
«Determina sicuramente la fine di un assetto di partito ma anche di un assetto democratico nel Paese. Da ieri si è creato un solco – ancora più ampio di quello del 1992 – tra il Palazzo (le sue beghe, i suoi artifici, le sue incomprensibili meline) e il popolo pulsante che alla politica chiede risposte e soluzioni. Fateci caso, ormai tutti i leader (Silvio Berlusconi, Beppe Grillo, Matteo Renzi e lo stesso Antonio Di Pietro) si trovano fuori dalle istituzioni: è come ci fosse ormai una sorta di Second Life politico-parlamentare. E infatti oggi siamo governati da due persone che non hanno alcun consenso popolare, che non sono stati eletti da nessuno e che sono minoritari all’interno dei loro partiti: Enrico Letta (il vicesegretario da Bersani che il Quirinale ha estratto da una rosa di tre candidati) e Angelino Alfano (che da segretario del Pdl ha perso tutte le elezioni, anche quelle nel condominio di casa sua). La regia del Colle ci ha insomma consegnato all’Alfetta: un governo di sotto-intese che pensa soltanto a galleggiare e che può contare soltanto sul consenso delle cancellerie internazionali nonché delle lobby e dei poteri forti nazionali».
Per bocca di Roberto Formigoni, il Nuovo centrodestra vi accusa di essere dei poltronisti e chiede le immediate dimissioni dei vostri attuali sottosegretari.
«Non possono certo chiederle a me, che le ho date per prima il giorno dopo che la Cassazione ha emesso la sua sentenza definitiva di condanna al nostro leader. Un gesto politico che mi ha procurato una dura rappresaglia da parte dello stesso governo, nell’indifferenza dell’allora mio segretario di partito. Quanto a Formigoni, osservo solo che se non fosse stato per Berlusconi oggi non starebbe in Parlamento ma in un altrove ben più ristretto che a lascio a tutti immaginare…».
Gli alfaniani diranno che è la solita estremista…
«Facciano pure. In realtà sono sempre stati loro a usare in questi mesi termini violenti. Come Fabrizio Cicchitto, che senza conoscere nulla della mia terra è riuscito a dire che sto agli altoatesini come Hitler agli ebrei… Ma si rende conto?».
Mi rendo conto soprattutto che adesso siete finalmente all’opposizione.
«Ancora per poco».
In che senso?
«Sono convinta che il 9 dicembre questo governo cadrà, indipendentemente da chi avrà vinto le primarie. Alzando quella cresta che non ha e che non si può permettere di avere, Alfano adesso rivendica una sorta di Golden Share nell’esecutivo. Mi chiedo per quale motivo non abbia posto le stesse condizioni programmatiche una settimana fa, minacciando la crisi in caso di decadenza di Berlusconi. Noi le avremmo senz’altro appoggiate».
E cosa si risponde?
«Che il suo vero progetto è ormai quello di agevolare la fuoriuscita del Cavaliere dalla politica per poi potersi accaparrare tutto l’elettorato del centrodestra. È convinto di esserne l’unico erede possibile di un uomo a cui deve tutto – ma proprio tutto! – e che ai suoi occhi ha commesso la colpa imperdonabile di non averlo incoronato reuccio delle primarie del Pdl. Alla prima occasione elettorale si accorgerà che la gente non ama mai colui che volta cinicamente le spalle al proprio benefattore».
Alfano sostiene che dice adesso sarà possibile riformare la giustizia…
«Senta, le dico solo che insieme ad altri gli chiesi di imporre a Letta la riforma della magistratura per decreto all’indomani della scelta della Cassazione che assegnava il processo Mediaset alla sezione feriale, violando anche in quel caso le tabelle giudiziarie che sarebbero dovuto essere stilate entro il 10 maggio e calcolando una prescrizione ad agosto quando invece da tutti i calcoli sarebbe dovuta avvenire a fine settembre».
E lui come reagì?
«Con una risata nervosa, ammettendo la sua impotenza e l’impossibilità anche solo di aprire un confronto sul tema. D’altronde è ormai evidente a tutti gli italiani che abbia un complesso di inferiorità nei confronti di Letta e viceversa un atteggiamento spavaldo nei confronti del suo padre politico. Alfano ha scelto Letta al posto di Berlusconi. La sua ambizione è sempre stata di essere il primus inter pares. Presto ne vedremo quindi delle belle tra lui, lo stesso Letta e il prossimo segretario del Pd».
Intanto va approvata la Legge di stabilità.
«È pallida e pavida, esattamente come questo governo, guidato da due democristiani che si credono giovani e che avrebbero dovuto avere il coraggio di pronunciare con forza alcuni “No!” a quell’Europa che tutti gli operatori economici indicano come l’origine stessa della nostra crisi. E non dimentichiamo che la contrazione ulteriore dei consumi interni è dovuta a una vendetta (esplicitamente ammessa) dello stesso Letta: quella di aumentare l’Iva di un punto percentuale e far così saltare il decreto per il quale il ministro Saccomanni, a onor del vero, aveva anche trovato le necessarie coperture. Che dire? Per governare un Paese bisognerebbe disporre di un profilo umano un tantinello più elevato…».