La Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta sulla morte del ricercatore friulano, Giulio Regeni, avvenuta in Egitto, dopo un periodo di detenzione torture, tra il gennaio e il febbraio del 2016. I pm romani hanno emesso quattro avvisi di chiusura delle indagini, atto che precede solitamente la richiesta di rinvio a giudizio, nei confronti di altrettanti agenti appartenenti ai Servizi segreti egiziani. Le accuse, a seconda delle posizioni, sono di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. L’archiviazione è stata chiesta per un quinto 007.
A rischiare il processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. A quest’ultimo, oltre al sequestro di persona pluriaggravato, i magistrati italiani contestate anche le lesioni personali e l’omicidio del ricercatore friulano. L’archiviazione è stata chiesta, invece, per Mahmoud Najem., non essendo stato possibile elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio.
La notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, spiegano da Piazzale Clodio, è avvenuta tramite “rito degli irreperibili” direttamente ai difensori di ufficio italiani non essendo mai pervenuta l’elezione di domicilio degli indagati dal Cairo. Proprio quest’ultimo punto era tra quelli oggetto della rogatoria avanzata nell’aprile del 2019 in cui i magistrati romani chiedevano risposte concrete agli omologhi egiziani. Richieste ribadite nei diversi incontri che negli anni si sono svolti tra investigatori e inquirenti italiani e egiziani ma che il Cairo ha lasciato inevase. Ora, spiega ancora la Procura di Roma, “come previsto dal codice di procedura penale gli indagati ed i loro difensori d’ufficio hanno venti giorni di tempo per presentare memorie, documenti ed eventualmente chiedere di essere ascoltati”.