Stefania Prestigiacomo mette subito le cose in chiaro. “Al di là degli inviti che possono giungere direttamente ai politici da tiggì e trasmissioni televisive”, dice a La Notizia l’ex ministro per le Pari opportunità commentando gli ultimi dati dell’Agcom, “di solito sono i partiti che indicano chi deve o non deve andare. Se si fa un confronto fra i capigruppo è chiaro che ci sarà una presenza completamente maschile: nessuna donna lo è”. La deputata di Forza Italia spiega quindi di “non avvertire un’esclusione volontaria delle presenze femminile o una deriva maschilista” in Tv e nei dibattiti politici. Ma certo è che, malgrado ciò, un problema di pari opportunità, in politica ma non solo, in Italia esiste eccome.
È così o sbaglio?
No, non sbaglia. Si tratta di un tema indubbiamente al centro dell’agenda politica. Il fatto che nel 2013 si sia arrivati ad avere il Parlamento più “rosa” della storia della Repubblica è il frutto delle politiche fatte negli anni passati e che in questa legislatura sono state messe completamente in secondo piano.
Ce l’ha col Governo?
È un dato di fatto che da 4 anni e mezzo le uniche iniziative in materia siano di natura parlamentare, grazie a un lavoro trasversale e unitario delle componenti femminili delle Camere. Dall’Esecutivo non c’è stata alcuna spinta, e per capirlo basta un particolare.
Ovverosia?
Dopo le dimissioni di Josefa Idem, arrivate appena due mesi dopo la nomina, nessuno dei tre Governi che si sono alternati in questa legislatura ha puntato su un nuovo ministro per le Pari opportunità. Una circostanza che personalmente reputo molto grave.
Adesso la palla è nella mani della Boschi. Non le piace?
Il punto non è questo. Giudichiamo i fatti. In questi giorni la Boschi presiederà il G7 delle pari opportunità a Taormina, unica sottosegretaria fra le ministre. Il che rende bene l’idea di quanto questo Governo abbia fatto, o forse sarebbe meglio dire non fatto. La tematica è stata completamente derubricata malgrado in tutti i campi, a cominciare dal lavoro e di conseguenza dalla disparità salariale, è indispensabile raggiungere degli obiettivi.
Ma cosa servirebbe allora?
Una attenzione costante, progetti, iniziative sui territori, monitoraggio continuo, diffusione delle buone pratiche e quando servono leggi mirate come per esempio la legge Golfo la quale prevede che gli organi sociali delle società pubbliche o partecipate devono riservare una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri alle donne. Pensi che prima dicevano che non c’erano donne preparate in grado di occupare questi ruoli. Oggi si è scoperto grazie all’obbligo di legge che ce ne sono tantissime.
Anche in Europa però non è proprio tutte rose e fiori…
Ma la situazione è migliore rispetto all’Italia. Si è pensato che la “femminilizzazione” delle Aule parlamentari potesse bastare. Il lavoro da fare resta moltissimo, a cominciare dalle scuole dove si semina una cultura vera di pari opportunità e il rispetto dell’altro. Pensi ai continui femminicidi. Risolvere tutto con le norme penali non basta, è solo un pezzo di strada. E la strada è ancora lunga.