di Monica Setta
L’impasse politico fa paura ai mercati. Ieri è stata un’altra giornata in profondo rosso a Piazza Affari. Un immobilismo che sempre ieri ha fatto saltare il decreto per sbloccare i 40 miliardi di debiti dello Stato alle imprese. La situazione è difficilissima e per rispondere ai problemi delle aziende la priorità è una sola: “ridurre il carico fiscale”, dice Federica Guidi, ex presidente dei Giovani imprenditori della Confindustria, al vertice dell’azienda di famiglia che continua a spingere con successo sul tasto dell’internazionalizzazione. Secondo Guidi, l’instabilità politica può costare carissima al sistema Paese. Per questo, aggiunge l’imprenditrice in questa intervista a La Notizia, ė auspicabile il ritorno alle urne per poter dare al Paese un governo politico capace di realizzare quelle riforme economiche di cui ha estrema necessità. Le riflessioni di Federica Guidi tengono ovviamente conto di alcune variabili essenziali: la minaccia di un possibile declassamento da parte di Moody ‘s e le tensioni legate al salvataggio di Cipro, oltre al preoccupante quadro economico dell’intera euro zona. A marzo, infatti, la contrazione dell’attività nel settore manifatturiero segnata dall’indice Pmi europeo si registra in calo a quota 46,8 rispetto i 47,9 di febbraio. E non importa molto che il differenziale di rendimento fra i Btp italiani e i Bund tedeschi resti attestatato sui 330 punti base: le piazze finanziarie, spiega la Guidi, hanno logiche spesso autonome e apparentemente non riconducibili alla reale situazione dell’economia.
Domanda. Alla riapertura dei mercati finanziari dopo l’abbandono del premier incaricato Bersani le Borse non sono crollate e ieri sembravano più allarmate per la situazione in Portogallo…
Risposta. “Ho la sensazione che molti enfatizzino il ruolo dello spread o dei mercati. Questi hanno logiche differenti, spesso autonome. Altrimenti non ci spiegheremmo perchè ci sono a volte clamorosi tonfi di Borsa inaspettati e altre rialzi insospettabili! Sicuramente nella spiegazione del mancato crac del post week end pasquale c’è il fatto che i mercati hanno apprezzato la proposta del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha incaricato due commissioni di saggi per la risoluzione della crisi. Apprezzabile anche il tentativo del governo tuttora in carica di sbloccare parte dei crediti che le aziende vantavano dalla Pubblica amministrazione anche se adesso per compensare i conti resta l’ipotesi di un’addizionale Irpef. Insomma, i piccoli tasselli del grande puzzle indicano che qualcosa si sta facendo, anche se il nodo principale rimane la politica e la possibilità che il Paese abbia un governo politico capace di realizzare riforme economiche indispensabili per la ripresa”.
D. Lei è ottimista o pessimista, personalmente, a proposito della soluzione annunciata dalle commissioni di saggi volute da Napolitano?
R. “Non sono una costituzionalista, ma una semplice cittadina e non posso vantare un grande ottimismo. Mi chiedo infatti- e la mia è una pura constatazione pragmatica – perchè tante personalità così diverse fra loro dovrebbero trovare un punto di convergenza sulla crisi quando tutto ciò è stato impossibile fino a ieri? Guardi, io ritengo francamente che la matassa da dipanare sia molto fitta e a tratti perfino più insidiosa di quanto possa apparentemente sembrare. Mai dire mai, la politica italiana ci ha abituato a clamorosi colpi di scena, però credo che la palla passerà al successore di Napolitano. E a questo proposito ribadisco la mia posizione: non mi pare assurdo pensare di poter tornare a votare. Teniamo conto che è già successo in Grecia e il ricorso alle urne è servito ai greci per chiarire le posizioni e gli equilibri politici. Tornare a votare ha consentito alla Grecia di trovare quella stabilità politica necessaria che era mancata in prima battuta. Potrebbe essere una soluzione anche per il nostro paese”.
D. Molti suoi colleghi intervistati dal nostro giornale, da Benito Benedini a Sergio Dompè alla stessa Marina Salamon, sostengono che se ci fosse davvero una volontà politica di convergenza, una specie di “esprit” d’unità nazionale, beh allora un esecutivo sostenuto da Pd e Pdl sarebbe possibile. Lei non ci crede. Perchè?
R. “Da quando si è insediato il Parlamento l’impasse non si è mai risolto, sono convinta che anche un governo sostenuto da larghe intese oppure di grossa coalizione alla tedesca durerebbe poco. L’Italia ha necessità di affrontare e risolvere una serie di problemi innanzitutto economici che possono essere trattati solo in presenza di una maggioranza netta e di un’opposizione critica ma responsabile. Un governo Pd Pdl, considerato il tasso di litigiosità fra le due coalizioni, avrebbe vita durissima e non riuscirebbe a superare l’impasse. Tornare al voto per fare chiarezza, lo ripeto, mi sembra la strada più giusta da percorrere. Teniamo conto che rispetto ad altri paesi europei la nostra situazione ė diversa soprattutto sul fronte dei conti pubblici”.
D. Si riferisce al fatto che Francia, Spagna e Portogallo, registrando deficit ben al di sopra del 3 per cento, devono ottenere l’autorizzazione dei partner se vogliono ritardare i tempi del rientro? Il nostro paese, invece, è rimasto sotto il tetto del 2012 e dunque punta ad avere dalla Commissione europea la chiusura della procedura per “deficit eccessivo” a cui è sottoposto insieme a numerosi altri partner. E la chiusura della procedura, vale la pena ricordarlo, dovrebbe consentire all’Italia un margine di flessibilità nella gestione dei conti, ė così?
R. “Intanto, c’è da dire che la chiusura della procedura non è un risultato acquisito anche se è innegabile che un margine di flessibilità nella gestione dei conti potrebbe rendere possibili alcune spese per investimenti che stimolino la crescita. Lo sblocco di una parte dei pagamenti arretrati della pubblica amministrazione alle imprese rischia di portare il paese sopra la barra del 3 per cento perchè una parte degli stanziamenti liberati va ad incidere direttamente sul deficit oltre che sul debito. Non è importante ottenere proroghe, ma convincere Bruxelles che noi italiani facciamo sul serio e siamo pronti a mettere mano alla riforma fiscale che è il vero e forse unico grande tema. Sono favorevole a qualsiasi provvedimento, purchè sia urgente, che possa essere “sgravio fiscale” anche spostando la tassazione dalle persone alle cose, perfino aumentando di mezzo punto o addirittura di 1 punto l’Iva. La cosa fondamentale ė liberare le aziende dai carichi tributari che pendono sui loro bilanci e detassare tutti gli utili di quelle imprese che scelgono di reinvestire creando nuovi posti di lavoro. Solo questa è la strada giusta per agganciare la ripresa economica già partita negli Stati Uniti. Il resto, sono soltanto pannicelli caldi che servono ad alleviare i problemi ma non li risolvono in maniera radicale, decisiva, lapidaria”.
D. È vero che prima delle ultime elezioni era stata corteggiata dalla politica perchè scendesse in campo? Si parlava di lei come potenziale ministro di un governo Pd Pdl…
R. “Mi è stato chiesto di candidarmi ma ho scelto di non farlo. Ho un bambino di 18 mesi che ha sconvolto piacevolmente la mia esistenza e che non mi lascia spazio per altro che non sia la mia azienda. Lascio agli altri l’impegno di scendere in campo per rinnovare la classe dirigente politica italiana”.
Tra azienda e Confindustria
Nata a Modena nel 1969, Federica Guidi è un’imprenditrice che si divide tra l’azienda di famiglia, la Ducati Energia e il mondo associativo delle imprese.
Figlia d’arte (suo padre è Guidalberto, per dieci anni storico vice in Confindustria), laureata in giurisprudenza, ha lavorato per due anni come analista finanziario fino all’ingresso nel gruppo familiare, nel 1996. E’ madre di una bimba di 18 mesi.
La grande notorietà arriva poco dopo. Dal 2002 al 2005 è infatti presidente regionale dei giovani imprenditori dell’Emilia-Romagna e vicepresidente degli imprenditori della regione. Dal 2005 al 2008, affianca Matteo Colaninno come vicepresidente dei giovani imprenditori di Confindustria, di cui diventa presidente proprio nel 2008. In quella stagione l’associazione industriale si tinge per la prima volta fortemente di rosa. Con Emma Marcegaglia sono infatti due le donne ai vertici della Confindustria.
La sua presidenza si è distinta per il forte impegno sui temi legati al mondo delle imprese piccole e medie». Suo chiodo fisso la spinta a competere su mercati internazionali, la crescita dimensionale delle aziende, il rapporto tra banche e imprese, fisco, lavoro. Linee guida del suo programma furono merito, cultura di impresa, «che crea valore sociale per il Paese», certezza dei tempi nella giustizia e realizzazione dei progetti.