Il suo nome è “Fondo per la sicurezza interna 2014-2020”. Parliamo di 245 milioni che qualche tempo fa l’Unione europea ha messo a disposizione dell’Italia per occuparsi, tra gli altri, di temi sensibili come gestione delle frontiere e lotta alla criminalità. Non c’è bisogno di sottolineare quanto il Belpaese abbia bisogno di risorse, da spendere ovviamente in modo virtuoso, per far fronte a emergenze alimentate soprattutto da una collocazione geografica non “facile”. Ma qui spunta una domandina che troppo spesso viene elusa: chi gestirà queste risorse? Sulla carta si tratta del ministero dell’Interno, oggi guidato da Angelino Alfano. Il quale però, come accade anche per altri Fondi europei, alla fine della fiera si trova a dover pagare il solito stuolo di consulenti esterni per farsi “aiutare” nella gestione dello strumento. Per carità, sono i regolamenti europei a prevedere la possibilità.
IL DETTAGLIO – Ma è bene sapere, anche quando dalla stessa Europa qualcuno alza il “ditino” e ci bacchetta, che in realtà il potere decisionale di uno Stato nell’utilizzo di questi fondi è piuttosto marginale. Per rendersene conto basta scorrere le carte di un bando di gara che giusto qualche giorno fa il Viminale ha lanciato per ottenere “assistenza tecnica, supporto alla governance e all’attuazione del Fondo sicurezza interna 2014-2020”. E’ lo stesso sito internet del ministero guidato da Alfano a spiegare che questo fondo è finanziato dal bilancio Ue (a cui comunque contribuisce profumatamente anche il Belpaese) con una quota pari a 245 milioni. Ora, la commessa appena predisposta prevede un corrispettivo di 10,7 milioni per un’attività di 60 mesi (5 anni). Ma i documenti precisano che potranno essere affidati all’aggiudicatario, stavolta mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando di gara, servizi aggiuntivi per 5 milioni di euro. Questo ci fa capire che il Viminale sta apprestandosi a spendere 10,7 milioni, che possono salire a oltre 15, per cercare consulenti esterni che l’aiutino a capire come spenderne 245 per la sicurezza.
I DOCUMENTI – Le carte del bando, del resto, parlano chiaro. L’aggiudicatario sarà coinvolto in “azioni di preparazione, gestione, monitoraggio, valutazione, informazione, comunicazione, lavoro di rete, controllo e audit”. Per non parlare di “misure per il rafforzamento della capacità amministrativa”. Roba che viene da chiedersi cosa effettivamente competa al ministero, in particolare all’autorità responsabile che è stata individuata nei vertici del Dipartimento per la pubblica sicurezza. Ma non è certo la prima volta che accade questo. Sempre il Viminale nel febbraio scorso ha assegnato a Ernst&Young un appalto da 8,7 milioni per farsi supportare nella gestione del “Fondo asilo, immigrazione, integrazione 2014-2020”. Un fondo in quel caso da circa 300 milioni. Insomma, sempre la solita storia.
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