La Netflix della cultura italiana perde soldi. E addirittura il principale sponsor politico, Dario Franceschini, ne prende le distanze. Scaricando le responsabilità.
Il tutto, mentre sul tema della trasparenza, viene sollevata più di qualche perplessità. Itsart, la piattaforma di streaming che raccoglie i prodotti culturali, ha vissuto un “compleanno” terribile.
La società, che ha come socio di maggioranza Cassa depositi e prestiti (51%), è stata lanciata l’1 giugno 2021, in ritardo rispetto alle attese, con il supporto di Chili, il socio privato (al 49%). Dopo un anno, il bilancio ha chiuso una perdita di 7 milioni e mezzo di euro.
Il risultato era comunque prevedibile, alla luce di numeri non esaltanti in termini di utenti attivi: quelli registrati, fino a gennaio, erano circa 150mila. Ma non era dato sapere quanti visitassero il sito solo per gli eventi gratis o accedessero a quelli a pagamento. Su questo aspetto non ci sono informazioni specifiche.
La Netflix della cultura poco trasparente
E non è il solo punto di scarsa disponibilità di informazioni, come denunciato da un’interrogazione alla Camera, presentata dal deputato di Alternativa, Andrea Colletti. Il sito, si legge nell’atto, “non evidenzia la sezione ‘trasparenza’ e di conseguenza – ad oggi – non risultano pubblicati i documenti contenenti atti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, con specifico riferimento ai compensi del presidente, dei direttori, dei dirigenti nonché dei contratti di appalto, consulenza e collaborazione”.
Una mappatura che sarebbe utile a comprendere come si è arrivati al bilancio pesantemente in rosso, che di fatto ha divorato quasi la metà degli stanziamenti pubblici, i 10 milioni di euro dal Ministero della Cultura e gli altri 6,5 milioni di Cdp.
Da qui è partita l’azione del parlamentare di Alternativa con la segnalazione all’Anac e la richiesta di chiarimento al ministro dell’Economia, Daniele Franco. “In questa vicenda l’interesse pubblico è sparito totalmente”, dice Colletti a La Notizia.
Scaricabarile di Franceschini
In un quadro di difficoltà Franceschini cerca di prendere le distanze, seppure con lessico prudente. Il ministro riferisce di non aver seguito l’iter di sviluppo della piattaforma, che pure aveva inizialmente spinto descrivendola appunto come l’idea di una Netflix della cultura.
“ItsArt è partita sulla base non di una scelta amministrativa del sottoscritto o del Ministero, ma di una norma approvata dal Parlamento”, ha affermato il ministro rispondendo a un’altra interrogazione al Senato, presentata in questo caso dalla Lega.
Franceschini ha anzi rivendicato che “il Ministero non ha partecipato alla scelta industriale, non ha partecipato alla scelta del partner, non ha partecipato alle strategie industriali”.
Il Mic, insomma, non c’entra nulla.
Il Flop della Netflix della cultura
Il ministro ha comunque ammesso, implicitamente, un’altra scelta errata: quella di avviare il progetto senza coinvolgere la Rai, sia da un punto di vista tecnico che da quello della diffusione dei contenuti: “Vanno introdotte alcune correzioni, in particolare attraverso la collaborazione con altre istituzioni, la Rai, più volte sollecitata dal Parlamento”.
Un tentativo che potrebbe non essere sufficiente. “Una delle cause di questo flop è da ravvisare principalmente nella mancanza di pubblicità: questa piattaforma non la conosce nessuno”, osserva la senatrice della Lega, Valeria Alessandrini, che ha portato il caso a Palazzo Madama.
E ancora, denuncia la parlamentare, c’è “una raccolta titoli poco accattivante, ma soprattutto prezzi totalmente fuori mercato” come i “7 euro per il tour virtuale di un museo, quando il biglietto per visitarlo di persona costa 10”.