Pure Nicole Minetti scarica Silvio Berlusconi. L’ex consigliera regionale della Lombardia dopo aver detto addio alle proprie ambizioni politiche ha ammesso, e lo ha fatto al processo, che le giovani ospiti di Arcore non erano altro che prostitute. Che quelle ragazze alle sue cene fossero escort, il Cavaliere lo aveva sempre negato, ripetendo più volte che nelle sue residenze non c’erano mai state feste e festini, ma che come leader del suo partito, faceva una serie di incontri con le rappresentanti di organizzazioni. Oggi, invece, al Ruby bis, l’ex igienista dentale, poi diventata consigliere regionale in Lombardia e infine modella e deejay, per difendersi dalle accuse di favoreggiamento della prostituzione e quindi chiedere l’assoluzione, ha fatto un’arringa a dir poco spericolata. Uno dei legali della Minetti, l’avvocato Pasquale Pantano, ha infatti espresso un parallelismo contro ogni regola di buon senso tra il leader radicale Marco Cappato e la sua assistita. Perché lei, proprio come l’esponente politico ha consentito a dj Fabo di raggiungere la Svizzera per esercitare la libertà di decidere della propria vita (nel suo caso il suicidio assistito), ha solo aiutato le giovani ospiti alle serate del Cavaliere ad Arcore “nell’esercizio libero della prostituzione”. Una pratica, ha spiegato il legale, che rientra anch’essa nella libertà di autodeterminarsi.
Piccolo sconto – Ma nonostante l’ex politica pur di salvarsi stavolta ha tirato fuori di tutto, l’Appello l’ha condannata a 2 anni e 10 mesi, mentre ha condannato l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede, a 4 anni e 7 mesi, sempre per l’accusa di favoreggiamento della prostituzione. Un leggero sconto i giudici gliel’hanno dato, visto che il pg Daniela Meliota aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado che aveva comminato pene rispettivamente a 3 e 4 anni e 10 mesi. Le stesse pene che erano state inflitte nel precedente processo di secondo grado annullato con rinvio dalla Cassazione nel novembre del 2014. Gli Ermellini avevano sostenuto che nelle motivazioni a quel verdetto ci fosse “un vuoto motivazionale” sostenendo che la Corte non avesse spiegato in concreto le condotte contestate agli imputati nonostante “la meticolosità con la quale si è soffermata sui concetti generali in tema di prostituzione, induzione e favoreggiamento”. Le difese, che hanno comunque chiesto l’assoluzione dei due imputati, puntavano invece su una decisione di invio degli atti alla Consulta sulla legge Merlin, come è accaduto nel processo d’appello sulle escort portate, tra il 2008 e il 2009, dall’imprenditore Gianpaolo Tarantini nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio. Intanto si va verso la riunificazione del filone principale del processo Ruby ter, quello a carico di Silvio Berlusconi e altri 23 imputati, tra cui Karima El Marhoug, con quello “fotocopia” che riguarda i versamenti più recenti dell’ex presidente del Consiglio in cambio del silenzio di quattro delle giovani ospiti delle serate ad Arcore, e cioè Aris Espinosa, Elisa Toti, Miriam Loddo e Giovanna Rigato.